Significato inbound | outbound marketing

Qual è il significato di inbound e outbound marketing? Che differenza c’è tra i due concetti? Lo spieghiamo con parole ed immagini.

Trattandosi di due termini tecnici sono gli addetti ai lavori a conoscerne il significato: inbound | outbound. Gli altri che vi si imbattono per caso si dividono in chi crede di saperlo e chi invece confessa apertamente di non comprenderli.

Chi è avvezzo di marketing vi dirà che:

  • con inbound si indicano tutte quelle attività volte ad attrarre i clienti, a farsi trovare;
  • con outbound, invece, ci si riferisce alle promozioni che mirano a trovare i clienti.

Alla prima categoria appartengono espressioni come RSS, SEO, Social network e Social media, contenuti di blog e siti aziendali. Alla seconda fanno riferimento, ad esempio, la pubblicità televisiva e su quotidiani e riviste, fiere, cartelloni stradali, spot radiofonici.

Chi – come accennavo in precedenza – incontra per caso i due termini, e crede erroneamente di conoscerne le accezioni, spesso li confonde con quelle di Traditional e Digital marketing. Non è così, per quanto il confine è davvero sottile. Ad esempio le promozioni tramite email sono “outbound”, nonostante la posta elettronica sia digitale. Così come elettroniche sono le campagne Pay per click su Google, che di certo non rientrano nella categoria “inbound”.

Per comprendere a fondo differenza e significato di inbound / outbound marketing è utile riferirsi ad un esempio infografico: il primo può idealmente associarsi ad un dolce, il secondo ad una pistola.

Immagine differenza e significato inbound e outbound

Il post mi offre l’occasione per tornare su di un argomento già sviscerato: il confronto fra Traditional e (Digital) Web marketing.

Quest’ultimo, già emergente per le indiscusse qualità, diventa ancor più conveniente ed appetibile in tempi di recessione grazie all’eccellente rapporto tra costi e benefici. Un’azienda che non potrà spendere cifre importanti per apparire in TV, o acquistare spazi pubblicitari sulle riviste, sarà forse finanziariamente in grado di ottimizzare i propri contenuti Internet, lanciare campagne di link building, avviare o consolidare la presenza sui social media. Isomma: fare il SEM.

Per disegnare l’infografica riportata in alto ho usato, a proposito di risparmi, l’affidabile servizio gratuito di easel.ly.

Traditional e digital marketing a confronto: 1 a 3

Confronto tra digital marketing e traditional marketing : una sfida impari in alcuni settori di mercato, per convenienza ed efficacia.

Pochi, ma ci sono ancora mercati e settori nei quali il marketing tradizionale la fa da padrone, e continuerà a farlo ancora per un bel pezzo. Sono quelli nei quali il WOM non ha piattaforme sulle quali espandersi. E quelli dove il digital divide non offre alternative.

La campagna marketing con Mago Forest di Daikin Emura

Altrove il confronto tra digital e traditional marketing non ha storia: il primo vince a mani basse. Lo dico non solo per consapevolezza dottrinale, ma per l’esperienza diretta che il lavoro mi offerto in diverse occasioni.

Esempi pratici di confronto tra digital e traditional marketing.

Poniamo l’ipotesi che un’azienda di medie / grandi dimensioni abbia un budget trimestrale notevole: 2 milioni di Euro da spendere in attività promozionali. Le scelte tradizionali potrebbero cadere sulla cartellonistica, la pubblicità in radio, sulle riviste di settore e generaliste, nelle attività di finanziamento e partnership di co-marketing; in questo caso l’importo da spendere garantirebbe una sufficiente visibilità.

Se invece l’azienda desiderasse investire anche in spot televisivi, con tanto di testimonial? Ci sarebbe ben poco da scialare, e la campagna si ridurrebbe ad occasionali apparizioni in TV, per un limitato periodo di tempo.

Due milioni di Euro da spendere in marketing digitale sono al contrario una somma considerevole, capace di garantire risultati sostanziali e duraturi. Con quell’importo sarebbe possibile assoldare una o più agenzie per praticare il MKTG non convenzionale, l’insidering ed il guerrilla marketing, il supporto al marchio come ai prodotti, il customer care online ed il marketing diretto, il social commerce. E poi l’endorsement per fortificare la brand awareness, offerte e sconti, acquisti collettivi. Si potrebbe persino mettere in atto il marketing territoriale, laddove sia utile.

Tempo fa ebbi l’opportunità di valutare un’analisi statistica commissionata ad un’importante agenzia specializzata in ricerche di mercato; rispondeva ad una domanda: “Quale strumento promozionale oggi – nel settore tecnologico consumer – condiziona maggiormente l’acquisto dell’utente finale?“. Le prime voci, in ordine di decrescente importanza, erano blog, passaparola online (WOM e Buzz), forum. Molto più giù in classifica erano riportati: TV, Radio, quotidiani e periodici, cartellonistica.

Non è che ci sia bisogno di darne dimostrazioni, di portare prove a supporto di quella ricerca di mercato: basti pensare alle dinamiche della politica di oggi – Grillo e Di Pietro sono alcuni esempi – per confortare la teoria.

Dunque perché – a condizione che ci siano i presupposti a cui ho accennato – un’impresa dovrebbe scegliere il marketing tradizionale e convenzionale se invece quello digitale è più efficace ed economico?

Le ragioni che ancora spingono le aziende a questa determinazione sono diverse, ma a mio avviso sono poche quelle davvero condizionanti. Una è la diffusa assenza di conoscenza del mezzo, ed il conseguente e legittimo timore nei confronti di strategie promozionali di cui è più arduo verificare il ROI. Spesso poi è la pigrizia che condiziona: praticare il marketing online è impegnativo, richiede il coinvolgimento diretto e personale dell’intera impresa, dei dirigenti e dei dipendenti. Molti dei quali a giusta ragione non devono vedere di buon occhio riunioni serali destinate a spiegare loro quanto è vitale – anche per un impiegato – conoscere strategie e dinamiche di un’attività promozionale che vuol far crescere l’azienda.

In realtà c’è un motivo – personale e non obiettivo – che ben più di altri spinge ancora alcuni dirigenti di grosse / medie imprese a scegliere metodi convenzionali per fare campagna pubblicitaria, rinunciando ai vantaggi del digital marketing. Ma questo è un argomento delicato ed impegnativo, che mi riservo di affrontare in altra occasione.

A proposito: [obiettività=”ON”]

Però è anche vero che occasionalmente ingenti investimenti nel marketing online possono rivelarsi infruttuosi, nonostante i più meritevoli sforzi. Penso alla campagna di Daikin Emura, guidata nel 2011 da Armando Testa e con testimonial il simpatico Mago Forester. L’obiettivo era canalizzare i potenziali acquirenti su di un minisito e quindi sulla pagina Facebook dedicata al climatizzatore.

Per la campagna sono stati investiti 330mila Euro. Sapete quanti “Mi piace” ha ricevuto – ad un anno e mezzo dall’apertura – la pagina Facebook di Daikin Emura? Andate a scoprirlo: resterete sorpresi.

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