Blog fitoterapia e l’esempio del silicio organico [case study]

Silicio organico e blog fitoterapia, case study: come assecondare gli algoritmi di Google (medic update) senza rinunciare a temi “delicati”.

Come gestire un blog fitoterapia che tratta il silicio organico senza contravvenire ai fattori SEO

Perché argomenti come blog fitoterapia e silicio organico possono offrirsi come case studies in tema di web marketing e SEO? Facile intuirlo se sei aggiornato sugli ultimi orientamenti “deontologici” dei motori di ricerca e su quelli, un po’ più tardivi, dei social media. Se non conosci il tema ma sei ugualmente interessato alla risposta, non preoccuparti: cercherò di spiegarti in modo semplice e approfondito.

Anche i social hanno preso atto, ma solo più di recente, delle responsabilità sociali e culturali che dal loro potere d’influenza derivano nei confronti dell’enorme bacino di utenti. Un esempio ancora caldo è lo scandalo del presunto condizionamento ideologico praticato tramite Facebook da poteri politici internazionali in diverse competizioni elettorali. Ricordi lo scandalo di Cambridge Analytica?

Al contrario, da più tempo i motori di ricerca avevano dovuto mostrarsi coscienziosi rispetto al proprio ruolo. Google in particolare nel 2015 pubblicò nuove linee guida per i webmaster, che successivamente furono sintetizzate e rappresentate da due ormai famosi acronimi (famosi per gli addetti ai lavori, s’intende):

  • E-A-T: Expertise, Authoritativeness, Trustworthiness.
  • YMYL: Your Money or Your Life.

Cosa significano queste sigle e, soprattutto, cosa c’entrano con blog fitoterapia e silicio organico? Lo vediamo subito, ma prima ricordiamo quali effetti (in alcuni casi disastrosi) quelle dichiarazioni di principio hanno generato sul Web.

Blog fitoterapia e silicio organico sì, ma solo per persone serie.

Agosto 2018 rimarrà negli annali del Web marketing come un terremoto digitale di vaste proporzioni e grande intensità: Google pubblica un aggiornamento dei suoi algoritmi che gli operatori del settore battezzeranno come medic update. Da quel momento tantissimi siti internet che affrontano temi legati alla “medicina alternativa”, o semplicemente dispensano consigli sulla salute senza averne la competenza, di fatto spariscono dal Web (oppure subiscono comunque un tracollo delle sessioni che compromette seriamente la loro notorietà).

Torniamo agli acronimi citati prima: E-A-T significa letteralmente “competenza” (Expertise), “autorevolezza” (Authoritativeness), “affidabilità” (Trustworthiness). Per poter primeggiare nelle SERP con keyword come “blog fitoterapia” e “silicio organico” (un rimedio “erboristico”, appunto) secondo BigG devi essere una persona seria e non solo esperta, ma anche diffusamente riconosciuta come tale: di santoni e guaritori ne abbiamo visti fin troppi, in parole povere.

O la borsa o la vita” (YMYL, Your Money or Your Life) si combinò come miscela esplosiva nel medic update della scorsa estate: nessuno stregone che, attraverso siti internet di bassa qualità, proponesse di migliorare la vita, il portafogli o il benessere emotivo delle persone in cambio di un compenso, aveva diritto a posizionarsi sulle prime pagine dei risultati dei motori di ricerca. Come dire: chi vende illusioni va spazzato via dal Web. Ed ecco sparire come neve al sole centinaia di pagine che dispensavano suggerimenti finanziari, vendevano “miracolosi” medicamenti, proponevano a buon mercato improbabili stratagemmi per ottenere titoli accademici (o persino la cittadinanza) in paesi stranieri.

Ed ora il case study

Naturelab.it è un affermato e apprezzato (lo dicono le numerosissime review certificate di “Feedady”, non io) negozio online che propone anche un blog fitoterapia e vende, appunto, il silicio organico.

L’e-commerce è stato solo sfiorato dal medic update dell’agosto 2018: il numero delle sessioni è relativamente calato ma non le transazioni, che hanno continuato ad assicurare performance di buon livello e sono tuttora in crescita. Come mai l’e-store specializzato in fitoterapia non è stato colpito duramente, come tanti suoi omologhi, dai nuovi fattori SEO introdotti da Google?

Naturelab si pone criticamente nei confronti dei rimedi fitoterapici: vende sì soluzioni realizzate con estratti e molecole di origine vegetale, ma sottolinea in ogni pagina descrittiva e in tutte le schede prodotto tanto i possibili benefici quanto i potenziali effetti nocivi, per lo più legati a sovradosaggi. Non basta.

Nei contenuti divulgativi vengono puntualmente citate le fonti, debitamente corredate di note e link di riferimento. Le pubblicazioni a cui le discussioni attingono sono firmate da medici, specialisti, farmacisti noti; il più delle volte i documenti hanno piena levatura scientifica e sono diffusi tramite siti riconosciuti come punto di riferimento per la dottrina medica ufficiale.

Il silicio organico, per esempio.

Quanto abbiamo detto lo si riscontra in particolare nei testi relativi al silicio organico:

  • si spiega con dovizia di dettaglio il perché il silicio organico sia fondamentale per l’organismo animale ed umano;
  • si indicano le funzioni, scientificamente identificate, che la natura ha assegnato all’elemento chimico;
  • si spiegano i processi attraverso i quali il silicio – normalmente non assimilabile per ingestione – sia reso “organico” e quindi capace di essere assorbito dall’organismo;
  • si dichiarano senza riserve le posologie ritenute efficaci, senza trascurare di precisare che quantità superiori potrebbero avere indesiderati anche seri;
  • ogni affermazione è filtrata attraverso il parere di un professionista del settore, fitoterapista ma anche medico.

Tutte queste caratteristiche comunicative fanno sì che il negozio online possa definirsi obiettivamente – fino a prova contraria – competente, autorevole e affidabile (viene rappresentato da un farmacista iscritto all’albo ed è stimato dai clienti che rilasciano recensioni mediamente più che positive). Naturelab è quindi in linea con i principi E-A-T: Expertise, Authoritativeness, Trustworthiness.

Sempre prendendo ad esempio il silicio organico (qui uno dei link più interessanti), i prodotti non vengono proposti come soluzioni miracolose, mai viene messa in discussione l’importanza della medicina ufficiale, il cliente ed il lettore vengono sempre informati in modo obiettivo.
Ed ecco che anche il secondo gruppo di requisiti dettati da Google viene rispettato: l’e-store non appartiene alla schiera dei siti YMYL (Your Money or Your Life). I prodotti venduti possono produrre benefici concreti, in alcuni casi anche importanti (sapete che gli omega 3 davvero proteggono da malanni al cuore, secondo quanto afferma la scienza?); ma gli stessi prodotti non fanno miracoli, non possono sostituirsi ai medicinali (quando questi vanno usati, secondo le prescrizioni degli specialisti), e vanno impiegati con cautela e attenzione.

Insomma: quando si propone a livello imprenditoriale un blog fitoterapia e si vendono rimedi come il silicio organico, ci si muove su di un filo sospeso in aria. Per non cadere, e per rispettare i fattori SEO che assicurano l’indispensabile visibilità online, basta proporsi in modo serio e misurato tanto nella comunicazione quanto nei prodotti. E per “serio” intendo competente, autorevole ed affidabile, come Google prescrive.

Parrucche: una sfida (buona) di marketing

Le parrucche coniugano esigenze diverse, a volte opposte, in un solo prodotto: la soluzione di marketing passa per il “rispetto”.

Parrucche e buone esperienze di marketing

Le parrucche appartengono alla categoria dei rari prodotti “bivalenti” sul piano del value marketing e della percezione del consumatore rispetto a costi e benefici.

Le parrucche possono essere infatti acquistate ed usate come strumento “medicale”, destinato a compensare e a risolvere compromissioni estetiche conseguenti a problemi di salute – come l’alopecia – o a trattamenti chemioterapici.

E possono essere anche percepite ed adottate come eleganti accessori d’abbigliamento, spesso utilizzati per impreziosire outfit particolarmente ricercati, nel prêt-à-porter come nell’alta moda.

Tante parrucche, molti target

Le parrucche possono persino avere destinazioni “plurivalenti”: in un solo prodotto si possono cioè sintetizzare non solo esigenze di mercato del primo tipo (la salute) e del secondo (l’estetica), ma anche entrambi allo stesso tempo. Cura del corpo e della persona, medicina e bellezza.

A questo punto dovrebbe essere chiara la portata della sfida che ci siamo trovati ad affrontare nel curare il web marketing di Parrucche Online, azienda leader di settore in Italia e da poco lanciata sul mercato europeo con le attività di produzione e distribuzione.

Una sfida che consisteva nel mediare appunto tra diverse e numerose buyer personas, ad esempio: più è ampio il target, come sappiamo, maggiore è lo spettro dei piani di comunicazione, del tone of voice, dei canali promozionali da presidiare e da presenziare.

Peraltro i diversi obiettivi erano comunque destinati a trovare un punto di sintesi in un’unica pagina Web – la home – e nell’intero sito e-commerce che canalizza la vendita al pubblico.

Fonte di approfondimenti e informazioni, quindi un negozio

Se guardate la prima pagina di Parrucche Online l’impressione che ne ricaverete, o che almeno dovreste maturare secondo le intenzioni del progetto di marketing di cui parliamo, è uno spazio che raccoglie e unisce elementi di fashion e soluzioni di servizio. Bellezza e necessità insieme, appunto.

Un tentativo di sintesi della comunicazione che si ripropone in tutte le pagine interne, da quelle del negozio in cui sono esposte le parrucche a quelle del blog. Blog dove si approfondisce, si spiega, si consiglia, sia in favore di chi delle parrucche ha bisogno per rimediare ad inestetismi e a problemi di salute, sia di chi voglia più semplicemente disegnarsi addosso look diversi e originali attraverso elaborati (e talvolta costosi) accessori di moda.

Il content marketing è stata la strada percorsa inizialmente per segmentare il target e fornire servizi dedicati alle diverse buyer personas. Potenziali acquirenti che si differenziano non soltanto nei macro-gruppi salute / estetica, ma che si distinguono profondamente anche per sesso (una parrucca è profondamente diversa da una protesi capillare, la prima tipicamente femminile la seconda prevalentemente maschile), per tipologia di prodotto, per qualità (parrucche naturali o sintetiche, ad esempio) e via dicendo.

Parrucche e l’imprescindibile rispetto

In questo progetto di marketing c’è stato un importante comune denominatore fra target, piani e strumenti di comunicazione, soluzioni e metodi. Che può sintetizzarsi in una sola parola: “rispetto”.

Rispetto per chi alle parrucche deve ricorrere per motivi di necessità, per intenderci. Persone che certamente non disdegnano l’idea di rafforzare la propria autostima risolvendo inestetismi più o meno evidenti, ma che hanno innanzitutto bisogno di ricorrere a “dispositivi medici”.

Abbiamo cercato di manifestare in modo chiaro il sentimento in ogni dettaglio del sito Web: l’immagine di una donna che rifiorisce, modelle bellissime ed eleganti ma dalle pose e dal sorriso sempre composto, toni della comunicazione colloquiali ma attenti alla sensibilità dell’interlocutore.

E a ben vedere quel che più mi ha gratificato nel curare il progetto di Web marketing è stato proprio questo aspetto. Oltre all’aver trovato con il cliente un’intesa piena ed immediata nel condividere una prospettiva di sensibilità emotiva e di empatia, a cui evidentemente era già informata l’azienda ben prima che io avessi il piacere di conoscerla.

Investigazioni aziendali e ricerca informazioni aziende

Investigazioni aziendali e ricerca informazioni aziende: un progetto di Web marketing per un settore che mi ha sempre affascinato.

Investigazioni aziendali - Ricerca informazioni aziende

Investigazioni aziendali e ricerca informazioni aziende rappresentano alcune attività investigative che si legano ai rapporti commerciali B2B italiani e internazionali: le imprese ne fanno ricorso sempre più di frequente tanto per difendersi da possibili raggiri, quanto per valutare i rischi imprenditoriali degli investimenti e avvantaggiarsi dalla piena conoscenza di partner e concorrenti.

L’occasione di tornare su questi temi, che mi vedevano particolarmente coinvolto anni fa quando mi occupavo di giornalismo di cronaca nera, mi è stata offerta da un cliente: INQUIRIA, un’agenzia specializzata appunto in investigazioni aziendali e ricerca informazioni aziende.

La consulenza di cui sono stato incaricato era ovviamente quella pertinente al mio mestiere: web marketing, SEO, comunicazione. Ma il poter valutare e ottimizzare i processi di un’importante organizzazione di levatura nazionale mi ha permesso anche di apprezzare l’evoluzione che l’attività dei detective privati ha registrato negli ultimi decenni.

Investigazioni aziendali: perché non quelle “private”

Le investigazioni aziendali richiedono una particolare specializzazione: è indispensabile poter contare sulla consulenza “in house” di tecnici del diritto, avvocati, periti. Ma è anche necessario aver sviluppato un know out a prova di competitor in competenze – informatiche e digitali – più moderne, e questo vale soprattutto per il computer forensic.

Cos’è l’informatica forense? Quella branca delle attività di investigazioni aziendali che si occupa di rintracciare, acquisire e documentare dati conservati su hard disk, smartphone e schede USIM, ma anche fotocamere, navigatori GPS e centraline per automobili.

Va da sé che, se da un canto l’organizzazione dell’impresa rivolta al B2B deve prevedere una maggiore e più impegnativa strutturazione interna, dall’altro può rivolgersi ad un target meno frequentato e svalutato, come quello dei cosiddetti “investigatori privati”.

La sfida era dunque ottimizzare risorse e investimenti, nel rispetto delle esigenze di un’azienda già molto strutturata, e definire con precisione un progetto di Web marketing che potesse posizionare il cliente sopra la concorrenza internazionale, particolarmente “robusta” nel business market e nelle investigazioni aziendali.

Ricerca informazioni aziende: valgono soltanto se sono “documentali”

Con l’obiettivo di differenziare il marchio INQUIRIA in un contesto concorrenziale “difficile” soltanto per la levatura dei competitor, e non per la loro diffusione, è stato quindi necessario individuare il bisogno primario dei suoi clienti. Quale? La ricerca informazioni aziende.

Badate bene: qui non si tratta di fare una visura sull’affidabilità di un fornitore, di un “pagatore” o di un partner. Con la ricerca informazioni aziende è possibile stilare un business plan che sia il più possibile libero da imprevisti e zone d’incertezza. Insomma: un asso nella manica per le imprese più giovani e dinamiche.

Ecco dunque trovata la chiave per un marketing project che consentisse di raggiungere nel modo più mirato e diretto il target: soddisfare un tipo di richiesta tanto diffusa nell’economia del mercato B2B quanto poco “razionalizzata” e manifestata. L’istanza, per essere più precisi, di non limitarsi a sapere di più su concorrenti e partner, ma anche di poter contare su di una documentazione di quelle informazioni che possa avere un obiettivo valore documentale e – all’occorrenza – legale.

Insomma: il presente ed il futuro prossimo delle investigazioni aziendali è una organizzata, strutturata, efficiente e puntuale ricerca informazioni aziende. Ma non ditelo in giro, per favore: è un segreto da detective.

Velocizzare WordPress | Cache, plugin, temi e trucchi.

In primo piano

Vuoi velocizzare WordPress? Sei nel posto giusto: ti svelo tutte le soluzioni che – creando e ottimizzando i miei blog e quelli dei miei clienti – ho sperimentato personalmente.

Per velocizzare WordPress esistono due opzioni. Ma se desideri risultati concreti conviene prenderle entrambe in considerazione:

  1. scegliere un hosting capace di assicurare ridotti tempi di risposta, e che si distingua per una buona struttura hardware ed una configurazione software ad hoc;
  2. intervenire direttamente sul CMS, gestendone oculatamente estensioni e configurazione.

Velocizzare WordPress

In questo post ti parlerò dell’uno e dell’altro argomento, cercando di farlo in modo semplice e dettagliato, con l’obiettivo di confidarti tutte le soluzioni che io stesso adotto per velocizzare WordPress.

Perché in un blog le buone prestazioni hanno un impatto drammatico su:

:: SEO | Le performance rappresentano un requisito fondamentale per la migliore indicizzazione presso i motori di ricerca. Google non farebbe bene il suo mestiere se mettesse in evidenza pagine dal caricamento interminabile.

:: Tasso di rimbalzo | Un sito che si sfoglia rapidamente non si trova ad ogni angolo, e quindi i visitatori tendono a fermarsi: se anche i contenuti sono di buona qualità, perché andare via?

:: Conversioni | Tra due e-commerce che offrono lo stesso catalogo di prodotti, con prezzi identici, vende di più quello che garantisce performance superiori. È come scoprire l’acqua calda ma credimi: ho conosciuto tanti commercianti che trascuravano questo aspetto.

:: Popolarità | Un contenuto facilmente e velocemente condivisibile viene citato più spesso.

Come vedi, velocizzare WordPress non è affatto un capriccio ma piuttosto il presupposto per avere successo nel mondo dei nuovi media, sia in termini di fama che di guadagni. Dunque, diamoci da fare.

Velocizzare WordPress: è ora di cambiare hosting?

Ho già un server, è obiettivamente lento, ma cambiarlo mi costerebbe caro e sarebbe veramente impegnativo“: se parti con questi dubbi sei fortunato, perché per te ho già una soluzione economica e per nulla faticosa.

Siteground, fornitore internazionale di servizi Web, offre hosting condivisi che fanno al tuo caso: buona assistenza (rispondono anche via telefono, in Italia e nella nostra lingua), prezzi contenuti (meno di 4 Euro al mese) e prestazioni superiori, e si prendono pure la briga di trasferire gratuitamente il sito.
Insomma: l’ideale per velocizzare WordPress.

Questo blog poggia proprio sui server di Siteground: puoi sfogliare WOM!SEO per saggiare il grado di reattività assicurato dal piano che io stesso ho scelto. Ma puoi anche misurarne il “Response Time” con un tool come questo (seleziona il proxy “Munich” e ripeti l’analisi due / tre volte, per apprezzare anche l’effetto della cache).

Nel caso volessi passare al nuovo hosting ti faccio poche ma credo importanti raccomandazioni:

  1. richiedi immediatamente il trasferimento di WordPress;
  2. scegli la collocazione europea (Amsterdam, crocevia delle principali dorsali Internet di tutto il mondo);
  3. tramite il pannello di controllo attiva subito la “Super Cache”, ideale per velocizzare WordPress.

Se il blog è nuovo ancora meglio: il nome di dominio che sceglierai è compreso nel prezzo. In più, se non sei un esperto di CMS ti tornerà particolarmente utile la funzione “staging”, che permette di testare qualunque modifica su configurazioni e layout prima di pubblicarla.

Quando poi il tuo blog ti renderà ricco e famoso potrai valutare altre soluzioni destinate a velocizzare WordPress, significativamente più costose, come i VPS o i server dedicati.

I temi ed i plugin per velocizzare WordPress.

Tieni in conto che – pur in misura variabile – qualunque estensione tende ad aumentare i tempi di caricamento di un sito.

Perciò se rientri nella categoria degli installatori compulsivi di plugin non ti dico di smettere, ma ti offro un consiglio: attivane non più di uno al giorno e, per prendere consapevolezza di eventuali rallentamenti, misura ogni volta le performance tramite il tool che ti ho suggerito in precedenza. Oppure puoi usarne un altro che trovi sul sito della mia azienda, handergy.com, che ho approntato io proprio per questo scopo.

Ci sono poi plugin che invece sono indispensabili per velocizzare WordPress:

:: W3 Total Cache | Lo preferisco di gran lunga alle alternative, per quanto richieda una certa cautela in fase di impostazione. Tra le varie opzioni tu attiva soltanto Minify “Manual” (e spunta “Inline CSS minification”, “Inline JS minification”, “Line break removal”) e la “Browser Cache”, avendo cura con quest’ultima di spuntare la voce “Set expires headers” (lasciando tutto il resto invariato).

:: WP Widget Cache | Permette al browser dei visitatori di salvare in locale tutto il contenuto dei widget presenti nelle sidebar e nel footer (o altrove). Funziona, ed è un’ottima trovata per velocizzare WordPress.

Non me la sento invece di consigliarti specifici template (se vuoi possiamo parlarne su Twitter, dove generalmente sono più attivo, o tra i commenti a questo post). Piuttosto ti raccomando di scegliere temi che già nella versione demo online si mostrino pronti e reattivi.

Se desideri assicurarti preventivamente che i template di tuo gradimento abbiano effettivamente tutti i requisiti per far correre WordPress usa lo strumento di cui parliamo nel prossimo paragrafo.

Google Page Speed: la bacchetta magica.

Per velocizzare WordPress estensioni e server dalle elevate prestazioni non bastano: bisogna evitare che la struttura del tuo blog si riveli un collo di bottiglia.

A scongiurare il pericolo ci pensa un tool fornito da Google, il cui utilizzo è alla portata di tutti: Page Speed. Lo si può installare su Chrome e Firefox, o lo si può usare direttamente online.

Google Page Speed fa un’analisi approfondita di tutte le variabili che possono rallentare o velocizzare WordPress, e segnala gli interventi necessari elencandoli in ordine di urgenza.

Non solo: in gran parte dei casi fornisce anche la versione ottimizzata delle immagini e quella minimizzata del codice (HTML, CSS e JS). Insomma: tassativamente dopo un backup, a te lascia soltanto il compito di sostituire i vecchi file con i nuovi attraverso un client FTP.

Dove non arriva Page Speed c’è in effetti bisogno di uno specialista. È il caso ad esempio dell’ordinamento di stili e JavaScript, o del rimandare il caricamento di questi ultimi. Ma non fartene un cruccio: c’è tempo per fare le cose in grande. Piuttosto presta attenzione al nuovo argomento che stiamo per affrontare.

Velocizzare WordPress attraverso le immagini.

Uno dei fattori determinanti nel velocizzare WordPress è rappresentato dalle immagini: non hai idea di quante migliorie si possano praticare e quali effetti benefici abbiano su prestazioni, SEO e conversioni.

Cominciamo:

  1. carica file “leggeri”: mai più di 30 Kb, ma se puoi tieniti sotto i 15/10 Kb.
  2. Se un’immagine è pesante, semplicemente perché è troppo grande, rimpiccioliscila: non sarà altrettanto bella ma alla vita non si può chiedere tutto.
  3. Il formato ha la sua importanza: se si tratta di una vera e propria “foto”, piena di colori e dettagli, usa l’estensione JPG con riduzione della qualità pari al 60/70%.
  4. Al contrario, se l’immagine è “piatta”, priva di sfumature, in bianco e nero o in scala di grigi, o comunque ha un ridotto spettro cromatico, preferisci invece il PNG-8. Un esempio? Guarda lo screenshot a seguire: nel primo formato il peso è di circa 30 Kb, nel secondo meno di 7 Kb.

Scelta del formato immagine per velocizzare WordPress

Ricorda inoltre di non praticare mai il ridimensionamento tramite i comandi HTML, ma limita le dimensioni attraverso un editor grafico (ce n’è anche uno integrato in WordPress). E non pubblicare immagini prive di attributi “width” e “height”, altrimenti costringi il browser a calcolarne le proporzioni (operazione che non favorisce affatto il velocizzare WordPress).

Il social sharing costa caro!

Se osservi bene il tuo blog noterai un certo “lag” nel caricamento delle pagine dove sono presenti widget sociali: i pulsanti di condivisione di Twitter e Linkedin, i box di Facebook e Google+ con le faccine sorridenti dei tuoi amici, i coloratissimi riquadri di Pinterest.

Se davvero vuoi velocizzare WordPress devi considerare loro i tuoi più grandi avversari, ed il perché è scontato: per visualizzare profili, statistiche ed avatar il browser è costretto a consultare numerosi link remoti, il più delle volte lenti perché sottoposti ad un carico di lavoro enorme.

Per porre rimedio a questo inconveniente hai a disposizione tre soluzioni, dalla più soft a quella radicale:

  1. usa i plugin che adottano il caricamento “asincrono” (qui trovi un esempio: https://developers.google.com/+/web/+1button/?hl=it).
  2. Evita di richiamare nella stessa pagina due script riservati al medesimo canale; questo accade generalmente quando, oltre ai tasti di condivisione presenti sul fianco o in calce ad un post, è presente un “badge” nella sidebar o a piè di pagina. La soluzione è relativamente semplice, ma richiede un minimo di competenza tecnica.
  3. Fai uno screenshot ad ogni box di Facebook, Google+ & Co., quindi usa le immagini che hai appena prodotto in sostituzione dei badge, avendo cura di inserire su ciascuna di esse un link ai rispettivi canali: l’effetto grafico è identico all’originale, anche se per diventare tuoi follower o liker i visitatori dovranno praticare un click in più. Ma saranno ben contenti di farlo, visto che è per una buona causa.

È tutto; se desideri possiamo restare in contatto. Anche solo per farmi sapere com’è andata e di quanto sei riuscito a velocizzare WordPress.

Creare un blog | Aziendale, WordPress, Joomla

Creare un blog di successo, aziendale o con WordPress o Joomla, è un’impresa per pochi? Sì, ma con questa guida sarà tutto più facile.

C’è gente che per creare un blog venderebbe un cugino, per poi abbandonarlo nel giro di pochi mesi (il blog, non il parente). Ma ci sono anche persone che per gioco lanciano un sito personale e si ritrovano con una fonte di guadagno così ricca che finiscono per cambiare mestiere.

Creare un blog che spacca

Proprio di questo parlavamo con un amico qualche tempo fa. Dopo una lunga chat su Skype eravamo arrivati ad una conclusione pienamente condivisa: con l’attività di blogger c’è di che vivere bene, con piene soddisfazioni umane ed economiche. A patto di fare le cose con un po’ di sale in zucca. Cioè di creare un blog come si deve, indipendentemente che si basi su WordPress o Joomla, e che sia personale o aziendale.

È allora che m’è venuto in mente di scrivere una guida per chi voglia ricavare dal Web notorietà e qualche soldo. Una raccolta di accortezze e trucchi avanzati che l’esperienza e notti insonni – passate a scrivere e a smanettare col codice – mi hanno insegnato.

Queste secondo me le tappe fondamentali per creare un blog vincente, capace di generare traffico consistente e soddisfacenti profitti:

  1. Pensare in grande ed evitare errori in partenza.
  2. Individuare il miglior hosting.
  3. Scegliere ed installare la piattaforma di pubblicazione.
  4. Rispettare i requisiti del blog aziendale.
  5. Praticare un po’ di SEO e di SMO.
  6. Divulgare i contenuti.

Creare un blog: partire col piede giusto.

Tranquillo: non ho alcuna intenzione di sfiduciarti con avvertimenti e moniti prima ancora di darti suggerimenti su come creare un blog.

Piuttosto vediamo di alleggerirci il lavoro sfatando subito un pacchianissimo luogo comune: non è affatto vero che nel creare un blog ci si debba preparare a scrivere diverse ore al giorno, tutti i giorni e per l’intera esistenza. Che tu ci creda o no, un post al mese è più che sufficiente.

È invece indispensabile che al momento del lancio sul sito siano già presenti cinque o sei contenuti, non di più. La cosa piacerà a Google, che si convincerà che stiamo facendo sul serio e ci tratterà con un certo riguardo.

Forse ti stai chiedendo: come faccio a creare un blog online e ad impedire – fino a che non sarà pronto – che Google ed i suoi bot se ne accorgano? Ci sono diversi modi, ma tu non fasciarti la testa e le cose complicate lasciale agli sviluppatori.

La via più semplice ed efficace è quella di compilare un file di testo che imponga agli spider di non indicizzare alcuna pagina, home compresa. Con un editor (Word, ad esempio) incolla le seguenti righe in un nuovo documento, quindi salvalo col nome robots.txt e caricalo via FTP nella root del sito (cioè nella directory principale):

User-agent: *
Disallow: /

Solo quando sarai sicuro di poter esordire elimina il file “robots” e metti in pratica le elementari prassi SEO per creare un blog come si deve:

  1. Crea una sitemap in formato xml (qualunque CMS dispone di plugin che la elabora automaticamente).
  2. Attiva un account su Google Analytics ed uno su Webmaster Tools – dove pubblicherai la sitemap.
  3. Effettua un’analisi del grado di ottimizzazione (Search Engine Optimization) con uno qualsiasi dei tool disponibili (su handergy.com c’è quello che ho sviluppato io).

Scegli l’hosting giusto per creare un blog performante.

Nel creare un blog il fattore velocità di caricamento è determinante: è qui la differenza tra pagine ben posizionate sui motori di ricerca e caratterizzate da un ridotto tasso di rimbalzo, ed altre che invece non se le fila nessuno e dalle quali tutti scappano a gambe levate.

Senza perderci in chiacchiere, questi sono i migliori hosting per rapporto performance / prezzi:

:: Siteground.com : a meno di 3 Euro al mese offrono tutto per creare un blog, ma proprio tutto (dominio, email infinite, traffico altrettanto, l’insostituibile e amichevole cPanel, etc.). Se si propende per il piano immediatamente superiore, chiamato GrowBig (6 Euro / mese), oltre la possibilità di attivare un numero illimitato di domini Internet (da acquistarsi ovviamente a parte, dal secondo in poi) viene offerta quella di impostare tre tipi di cache (statica e dinamica) dall’eccellente efficacia: questo blog poggia su SiteGround ed usa la soluzione che ho appena indicato.
In più – a semplice richiesta – si può scegliere un server europeo (ad Amsterdam, crocevia delle maggiori portanti IP, e quindi agevolmente raggiungibile da tutto il mondo).

:: Bluehost.com : a 3,70 Euro / mese l’hosting americano garantisce gli stessi servizi (tranne la “SuperCache” e la dislocazione europea), e le prestazioni sono sufficienti a creare un blog “pronto” (per quanto non sono di fatto paragonabili a quelle di cui gode WOM!SEO).
In termini di assistenza siamo quasi ai livelli della soluzione precedente: i tempi di intervento del customer care raramente superano i 15 minuti.

Creare un blog WordPress, Joomla o altro?

Anche qui lascia stare, non sprechiamo tempo: WordPress è fuori di dubbio il migliore fra i content management system, cioè tra le piattaforme destinate a gestire online testi, video e immagini.

Per creare un blog, poi, WordPress è insuperabile: è più leggero e veloce dei concorrenti, è il più apprezzato da aziende e privati, ed è frequentemente aggiornato dagli sviluppatori (che contribuiscono quotidianamente a creare ottime estensioni, quasi tutte gratuite).

Joomla resta ancora una buona scelta, ma ho ragione di credere che di qui a qualche anno cederà definitivamente il passo.

In realtà di soluzioni per creare blog ne esistono numerose, e fra quelle ad esempio c’è Drupal. Ma sono più che altro destinate a chi abbia esigenze particolari, o a chi desideri farsi del male.

Creare un blog aziendale.

Creare un blog aziendale è questione tutt’altro che semplice. Ed il più grosso problema che si trova a dover affrontare il responsabile marketing è scegliere tra un blog interno al sito principale, oppure esterno. La decisione non è per nulla scontata.

In linea di massima con i miei clienti mi regolo in questo modo:

  1. Se il sito aziendale non ha un negozio, o ne ha uno ma non ben ottimizzato sotto il profilo SEO, è bene creare un blog interno (in un sottodominio o in una directory).
  2. Se si tratta invece di un ecommerce che gode di un’ottima indicizzazione e che compare spesso ai primi posti delle SERP (le pagine dei risultati dei motori di ricerca) è preferibile optare per una soluzione esterna, con dominio indipendente. Ad esempio: azienda.com / blogazienda.com.
  3. Tieni inoltre presente che creare un blog integrato nel sito di rappresentanza di un’impresa o di un prodotto significa legarsi a modalità di comunicazione strettamente coerenti con quelle aziendali. Il che si traduce in minore libertà, maggiori tempi di pubblicazione, ridotta efficacia.

Per l’azienda vanno bene i piani avanzati degli hosting citati in precedenza, a meno che non si preveda un traffico davvero notevole (oltre i cinquemila visitatori al giorno).

Creare un blog guardando a SEO e SMO.

Per la SEO i social media vanno assumendo importanza sempre maggiore. Perciò è importante non soltanto – dopo aver pensato a creare un blog – ottimizzarlo per favorire il lavoro degli spider, ma anche far sì che i contenuti siano facilmente condivisi.

La SEO, laddove ti sia deciso ad usare WordPress, gode di un gran plugin pronto a correre in tuo aiuto: Yoast. Usalo e rispetta le sue indicazioni. Ricorda inoltre di scegliere sempre – per ciascun post – un argomento molto ben definito e soprattutto ben rappresentato da una keyword univoca. Se ti va di esagerare sfoglia pure i suggerimenti in tema presenti su questo blog.

Riguardo alla SMO (Social Media Optimization) fai riferimento ad uno dei plugin che implementano i pulsanti di sharing. Anche qui puoi evitare di lambiccarti; quelli che seguono sono i migliori per funzionalità, estetica e cura del codice (li trovi su wordpress.org):

  1. Flare
  2. Digg Digg.

Quindi attiva profili personali / aziendali e pagine sui maggiori social media, e iscriviti in più gruppi che puoi: Google+, Twitter, Facebook, Linkedin (e Pinterest, se le immagini sono importanti). Attraverso questi account condividi ogni post, anche più volte al mese (su Twitter e Google+).

Se lo ritieni opportuno puoi anche utilizzare i commenti in altri blog e nei forum per far conoscere te e le tue straordinarie capacità di blogger.

Conclusioni.

Avrai sicuramente fatto caso che nell’approntare questa guida sul creare un blog mi sono tenuto lontano da dettagli tecnici, e da tutorial su installazioni e impostazioni. L’ho fatto perché ritengo che sia preferibile concentrarci su aspetti più “strategici”, e perché do in conto che tu abbia già un minimo di esperienza.

Se così non fosse sappi che mi fa sempre piacere rispondere a domande e sciogliere dubbi, laddove ne sia effettivamente in grado. Per esempio potresti chiedermi quali sono le migliori soluzioni per “monetizzare”: non è detto che ti risponda soltanto con Adsense.

Puoi usare i commenti a seguire per proporre eventuali approfondimenti o venire a trovarmi su Facebook, Twitter e Google+: tutti i miei riferimenti sono in alto a destra, appena sotto il logo di WOM!SEO.

Dimenticavo: se dopo alcuni mesi senti che qualcosa non funziona, che i conti non tornano, non spendere la tua vita per un tentativo che evidentemente non paga. Creare un blog vincente non sempre riesce al primo colpo, ma quando succede te ne accorgi subito.

Analisi SEO e tool online

Analisi SEO | Come valutare il grado di ottimizzazione del tuo sito Web aziendale o del tuo blog. E rimediare ad eventuali inconvenienti.

In questo post cercherò di darti gli strumenti e le informazioni essenziali per praticare una analisi SEO di un blog o di una singola pagina Web, sempre che l’argomento sia di tuo interesse e che tra i tuoi desideri ci sia quello di primeggiare nelle SERP di Google & Co. E proverò persino a condividere senza riserve (alcuni) tips & tricks che esperienza e mestiere mi hanno insegnato.

Analisi SEO - È un'arte

In cambio ti chiedo di darmi un soldo di credito: se Internet ed il buon posizionamento sui motori di ricerca rappresentano per te una priorità, magari perché col digitale ci lavori o hai finalmente deciso di portare online la tua attività imprenditoriale, non c’è analisi SEO e tool automatici che tengano.

Nel senso che la Search Engine Optimization non si risolve in una serie di verifiche e di accortezze tecniche e linguistiche, per quanto tutte insieme possono comunque migliorare nettamente la tua visibilità online: per ottenere risultati professionali probabilmente ti toccherà rivolgerti ad uno specialista SEO, capace di interpretare al meglio le tue esigenze commerciali e suggerirti la migliore strategia di inbound marketing.

Detto questo, cominciamo.

Analisi SEO in-page: prima le prestazioni.

Una analisi SEO che si rispetti parte dal codice HTML e da altri fattori strutturali che certamente influenzano il compito degli spider: genericamente vengono classificati come “in-page”.

Il primo parametro da verificare è la velocità di caricamento della pagina, condizionata da numerose variabili: il “peso” degli elementi grafici, l’hosting, la collocazione fisica del server, l’adozione di cache e via dicendo. Per calcolare i tempi puoi utilizzare un tool a cui mi affido spesso anch’io: Speed Test by Handergy.

Come termini di confronto uso precisi riferimenti:

  1. la home di un ecommerce complesso deve potersi scaricare entro 1,5”, non di più;
  2. la prima pagina di un blog “commerciale” o aziendale, per quanto zeppo di banner, dovrebbe apparire prima che passi un secondo dal click di accesso;
  3. un sito semplice ed essenziale (e non per questo poco efficace) dovrebbe mostrare notevole velocità di download: meno di 0,5”.

Se l’esame non è superato è bene chiedersi cosa c’è che non va nella struttura del sito, nel suo database o nell’hosting su cui è poggiato. In caso positivo puoi invece tirare un sospiro di sollievo e proseguire con analisi SEO e verifiche.

Gli ulteriori fattori “interni”.

Un aspetto che ho ragione di credere sia molto importante è il giusto ordine assegnato ai marcatori “headings”. In ciascuna pagina Internet dovrebbero essere presenti:

  1. un solo H1, che coincida naturalmente con il titolo.
  2. Un H2 (possono fare eccezione le home page dei blog), generalmente identificabile come “sottotitolo”; è un riassunto di quel che potrai leggere in un post, ad esempio.
  3. Alcuni H3 – preferibilmente impiegati per identificare i titoletti di paragrafo – ed eventuali H4 esterni (nel footer, cioè in calce).

Attraverso analisi SEO automatiche o “manuali” è altrettanto importante verificare la presenza degli attributi ALT e title delle immagini, nei quali è bene ripetere con cura la keyword principale del contenuto.

Altre variabili che incidono sensibilmente sull’indicizzazione e quindi sul posizionamento sono i comandi compilati in “robots.txt”, e l’effettiva presenza del file stesso e del codice di Google Analytics.

Minor valore, ma comunque non trascurabile nell’ottica di un’analisi SEO accurata, hanno i parametri di lunghezza e di conformazione della URL (più è corta meglio è, a patto che contenga la parola chiave primaria), la lingua, il doctype  e l’encoding HTML (es. <meta http-equiv=”Content-Type” content=”text/html; charset=utf-8″>).

Analisi SEO on-page.

L’analisi SEO non può risultare favorevole se non riscontra la presenza di un titolo di lunghezza inferiore a 70 caratteri, una meta description che riassuma efficacemente entro circa 150 caratteri l’intero contenuto, e non più di 4/5 meta keyword.

In realtà le meta keyword potrebbero anche non essere presenti, tanto più che Google da un bel po’ ha giurato di non filarsele più. Ma se hai deciso di usarle è d’obbligo accertarti che risultino rigorosamente coerenti con il testo del post o dell’articolo.

Un link che punta ad una destinazione esterna non è affatto un problema, anzi: i motori di ricerca andranno a spulciare i contenuti e li considereranno come ulteriore contributo al contenuto di origine. A patto però che la risorsa goda di buona reputazione.

Dunque la presenza di pochi link esterni, come di alcuni interni, viene generalmente considerata dai sistemi di analisi SEO come un generico fattore positivo.

Ultime verifiche ed il tool che preferisco.

Se il tuo sito non gode di un soddisfacente posizionamento per le sue principali keyword, sotto sotto potrebbero covare delle penalizzazioni: un tool che testi il grado di ottimizzazione dovrebbe essere capace di rivelare anche questa eventualità.

La presenza del nome di dominio in una “lista nera”, così come tutti i fattori che ho indicato fino ad ora, vengono verificati da uno strumento online che ho messo a punto di recente sul sito Web di Handergy, l’azienda che amministro.

Quel tipo di analisi SEO – peraltro corredata di una guida passo-passo e capace di misurare anche la “reputazione” online – è ovviamente utile per disegnare soltanto un quadro di massima, ma rappresenta in ogni caso un buon punto di partenza:

http://handergy.com/analisi-seo/

Se hai bisogno di chiarimenti chiedi pure: risponderò subito, anche a costo di rientrare dalla spiaggia e trascurare buone compagnie.

Miglior hosting | WordPress, Joomla, ecommerce

Il miglior hosting per WordPress, Joomla ed ecommerce? Passiamo in rassegna le soluzioni dal miglior rapporto prezzo/prestazioni e decretiamo un vincitore.

Si fa presto a dire miglior hosting! Tu quale preferisci: quello davvero economico o quello più efficiente? Hai intenzione di aprire un blog oppure un eShop? Vuoi che sia sicuro e a prova di hacker, o sarai tu a prenderti la briga di effettuare con costanza backup periodici?

Qual è il miglior hosting?

Col Web ci combatto da un po’: ho avuto un blog personale che è arrivato a registrare mille mila visite al giorno, sviluppo e gestisco siti per conto di clienti, ancora ho il piacere di lavorare con Google Analytics e Google Webmaster Tool, e sempre per lavoro mi tocca quotidianamente misurare le prestazioni di diverse pagine Internet attraverso Google Page Speed.

Insomma: pur non essendo di estrazione “tecnica” credo di poter esprimere un’opinione fondata sulle soluzioni adatte alle più diffuse esigenze, e di poter stilare un breve ma sincero elenco dei migliori hosting per ciascuna circostanza tipo. Se non altro ci provo.

Miglior hosting WordPress e Joomla.

:: WPengine.com – Se per miglior hosting ci riferiamo a quello che garantisce performance superiori mi viene subito da pensare a questi furbacchioni statunitensi, con sede in Texas.

Hanno studiato un sistema “gestito” di WordPress che prevede in partenza l’attivazione di una cache particolarmente battagliera: loro risparmiano in risorse hardware e sul consumo di banda, tu puoi stare certo che il tuo blog sarà davvero stabile e veloce.

Unico difetto il prezzo, prossimo a quello dei Virtual Private Server di base: l’alternativa più economica costa la bellezza di 29 Dollari al mese e prevede una sola installazione di WordPress, 10 GB di spazio ed il limite di 25.000 visite mensili (davvero pochine se sei un tipo ambizioso).

Vanta clienti mica male, tipo HTC o Foursquare. E tutto sommato a quel costo la configurazione comprende l’indispensabile. Ma non azzardarti a chiedere IP dedicati o WP Multisite, perché allora meno di mille Dollari l’anno non spenderai.

Dimenticavo: uno dei miei siti è gestito da WPengine, e non posso certamente lamentarmi.

:: Bluehost.comÈ il miglior hosting secondo WordPress.org, e già questo è un gran bel biglietto da visita. Ma si sa: spesso chi consiglia può essere legittimamente interessato, ed in quello come nel mio caso ho ragione di credere che la regola trovi conferma.

Ciò non toglie che Bluehost abbia un piano “entry level” invidiabile, con dentro tutto ma proprio tutto per mettere su un gran bel blog: spazio illimitato, come il trasferimento dati, le email, i database MySql e via dicendo.

Il costo? Molto contenuto: appena 4,95 Dollari al mese e con la possibilità di montare sul server condiviso quanti siti vuoi, senza riserve, se non quelle che possono derivare dal costo dei nomi di dominio (da acquistarsi a parte dopo il primo, che invece è compreso nel prezzo).

:: Siteground.com – È il mio preferito, cioè secondo me è il miglior hosting condiviso per metterci su un blog: hanno un customer care che risolve, di giorno o di notte, qualunque inconveniente in pochi istanti.

E per “qualunque” problema intendo proprio qualsiasi: sono pronti a supportarti anche nell’installazione di WordPress o Joomla, e se ti riesce bene l’espressione da anima in pena sono anche disposti ad intervenire su errori di configurazione di un plugin o di un template.

Il prezzo della soluzione di base è eccellente: 3,95 Dollari, onnicomprensivi (tranne l’installazione di più siti, opzione prevista in un piano tariffario di poco più caro). Ma grazie ad un “trucchetto” (di cui ti parlo alla fine di questo post) puoi spendere ancora meno (molto meno, ma solo per il primo anno).

Difetti? Io che li conosco bene (ho fatto ospitare dall’azienda nordamericana moltissimi dei mie siti e di quelli dei clienti) so che ci sono: hanno un marketing un po’ invadente (ma non aggressivo), che ti spinge con facilità ad acquistare upgrade (non necessari, tranne per specifiche esigenze); le performance sono buone a patto di non complicare eccessivamente la configurazione dei CMS; l’eccellente rapporto tra qualità e prezzo vale solo per l’hosting condiviso, e si indebolisce nel passaggio ai VPS ed ai server dedicati. Per i quali lo scettro di miglior hosting passa ad altri.

Gli hosting italiani.

Non sto a dirti perché e per come non nutro devozione nei confronti delle soluzioni italiane. Ma anche nel Bel Paese c’è qualcuno che sa e vuol lavorare bene. Ad esempio mi sentirei di suggerire ServerPlan.com come miglior hosting, per la serietà del titolare e del suo team. Serietà che però io ho sperimentato soltanto con i sistemi avanzati (server dedicati e VPS).

Alcuni dei mei clienti hanno incontrato difficoltà con Artera, in particolare a causa dei tempi medi di intervento del customer care e delle politiche di marketing, che definire “energiche” è un eufemismo. Ma non per questo mi sentirei di sconsigliarla.

Aruba infine non mi piace, ma è forse soltanto una questione di pelle: la struttura del sito commerciale è vecchia e farraginosa; molte feature che i concorrenti offrono comprese nel prezzo qui sono opzionali; anche in questo caso l’help desk non pare disposto a bruciare gli pneumatici per correre in tuo aiuto.

Sono in molti a parlarne male, ma questo è un vizio della Rete: è più facile che nei forum e sui social media qualcuno si lamenti, e non che altri si prendano piuttosto la briga di condividere esperienze positive e complimenti. Condannare “il peggiore” viene spontaneo dopo arrabbiature, meno incoronare come miglior hosting quello che eroga un servizio all’altezza delle aspettative.

Miglior hosting per gli ecommerce

Se il tuo sogno è fare soldi con un negozio online sarà meglio non fermarti ai miei consigli: troppo importante il tuo destino lavorativo per fidarti soltanto di una voce (per quanto tremendamente autorevole e schietta come la mia).

Però prendi comunque per buoni alcuni consigli: se hai intenzione di vendere online i merletti che fila la nonna, o sei proprietario di un’azienda artigiana che vuol far fortuna con manufatti in legno, non cercare di partire subito in quarta. Anche per te va bene un hosting condiviso come quelli visti in precedenza, tanto più che se propendi per PayPal e non per altri sistemi di pagamento remoto non avrai neanche bisogno di certificati SSL.

Per il piccolo business va bene WordPress associato a Woocommerce, plugin sufficientemente affidabile ed intuitivo. Se il numero di prodotti in vendita è importante, e se desideri un sistema pensato per gli eShop, allora è probabilmente il caso di rivolgerti al più complicato ma potente Magento. Che però in questo caso si rivelerebbe particolarmente “pesante”, e richiederebbe risorse che anche il miglior hosting condiviso potrebbe non garantire.

Conclusioni.

Il vincente? Sì, resto dell’avviso che il miglior hosting per metter su un blog, con WordPress o Joomla, sia SiteGround. A proposito: se già hai un dominio, puoi acquistare un anno di servizio a soli 9,95 Dollari attraverso questo link. Però occhio che per l’anno successivo ritorna il prezzo ordinario.

Il vantaggio resta anche se devi comunque acquistare un nome di dominio (che comunque io suggerisco sempre di prendere su Godaddy.com): in questo caso la spesa sale a poco meno di 25 Dollari per un anno.

Se infine credi che un solo blog non ti basterà propendi per BlueHost, che come detto permette un numero “virtualmente” illimitato di installazioni di WordPress o Joomla o altri Content Management System. Perché “virtualmente? Perché le risorse riservate al primo sito vanno poi condivise con i successivi, ed è chiaro che su questa via le performance sono destinate al declino.

Ora però anziché darti altri consigli vorrei farti una domanda: secondo la tua esperienza (e non quella vissuta da altri), qual è il miglior hosting in assoluto?

Consulenza SEO | SMO: tutto il resto è noia

Conosci la consulenza SEO e quella SEM. Ma sai già quanto è VITALE per il tuo business il compito di un consulente SMO?

La consulenza SEO ha il compito di ottimizzare un sito per consentire la migliore indicizzazione sui motori di ricerca. E questo lo sapevi.

La consulenza di Search Engine Marketing (SEM), della quale abbiamo discusso in un recente post, ha l’obiettivo più complesso di sfruttare tutti i mezzi offerti da Google & Co. per cogliere le domande di mercato che si esprimono attraverso parole chiave. E anche di questo eri a conoscenza.

Qual è invece il ruolo dello specialista SMO? Quello di favorire l’interazione tra i social media ed un sito Internet, sfruttando la SEO per incentivare la condivisione dei contenuti e, quindi, per rafforzarne la reputazione. Non solo.

La consulenza SEO rende i blog e siti aziendali attraenti

Pensa al blog di un ristorante: se grazie ad una efficace consulenza SEO dispone di account ben ottimizzati sui “local network” (come Foursquare o TripAdvisor), e quindi anche ben visibili nei motori di ricerca, il continuo flusso di nuovi clienti è assicurato. Come la fidelizzazione dei vecchi, a condizione che cucina e prezzi risultino effettivamente graditi agli avventori.

Perché la necessità di competenze SMO nel consulente SEO

In un altro post focalizzato sulla “consulenza SEO migliore” sottolineavo come un buon contenuto sia la soluzione più efficace per garantirsi i favori dei search engine. I quali, studiando i dati analitici su accessi, bounce rate e tasso di uscita, riescono a capire quanto un sito risulti davvero interessante ai lettori e quanto merita, di conseguenza, di primeggiare nelle SERP.

Nel corso di questi ultimi anni Google (più dei concorrenti) ha affiancato a quel parametro di valutazione qualitativa e meritoria anche i social media: più frequentemente post e articoli vengono condivisi su Facebook, Twitter e (specialmente) Google+, e più probabilmente i contenuti verranno premiati come fruibili e realmente utili.

Quindi la consulenza SEO non può più prescindere dalle capacità di social media marketing: deve garantire a blog e siti tutti i presupposti perché sharing e citazioni vengano agevolati. Tanto nella strutturazione di una pagina, quanto nel suo codice, nella grafica e nel testo (mai sentito parlare di call to action, link building, content marketing e copywriting?).

Viralità, coinvolgimento, fidelizzazione, condivisione.

Il consulente SEO deve favorire la viralità e la “linkabilità” dei contenuti, cioè la Social Media Optimization. Come? Ad esempio inserendo nei contenuti un’infografica accattivante che, attraverso un pulsante facilmente raggiungibile, chiunque si affretterà a condividere con follower e liker. Per non parlare dei possessori di account Pinterest!

Facciamo un esempio pratico? Alcuni tra i migliori blog statunitense stanno integrando gli sharing button nell’immagine a corredo di ciascun post: la foto è estremamente attraente ma anche piccola, così che chiunque si senta costretto a zumare cliccandoci sopra. Al fianco dell’immagine ingrandita, naturalmente, appaiono i tasti di condivisione.

Ma il professionista deve anche mirare a fidelizzare i clienti esistenti, non soltanto a procurarne di nuovi. Ed ecco che allora dovrà avere riguardo di feed RSS, newsletter, community esterne (gruppi Facebook e Google+, ad esempio) ed interne (i famosi, vecchi ed immarcescibili forum).

Per concludere: il consulente SEO non può più limitarsi alle attività di ottimizzazione on, in e off-page. Deve anche favorire tramite la SMO – per imperativo strategico – la facile e gradita diffusione di contenuti, e-book, infografiche e guide. I quali, tradotti nel lessico del marketing, significano servizi, prodotti, brand awareness ed equity, spontanei endorsement, engagement, recruitment. E, soprattutto, fatturati.

P.s. Ricordo a titolari di startup, aspiranti blogger di successo e futuri ricchissimi quanto generosi clienti dell’azienda che amministro, che seguendo questo link è possibile ottenere una consulenza SEO gratis. Tutti gli altri hanno a disposizione la pagina di contatto e la reperibilità telefonica riportata nella colonna destra. Roba di una certa serietà, mica noccioline.