Social Manager di successo. In 3 mosse.

Il Social Manager è per l’azienda una carta vincente. A patto che sappia conquistarne la fiducia e comprenderne le dinamiche.

Il Social Manager è una figura ormai indispensabile nella comunicazione aziendale. D’altra parte a lui è assegnata la responsabilità strategica e operativa di creare, ottimizzare e gestire i social media, e quindi di cogliere al meglio le preziose opportunità offerte dal digital marketing: branding, pubblicità mirata, acquisizione di nuovi clienti e fidelizzazione dei vecchi, analisi di target e scenari competitivi, etc.

Il Social Manager è un moderno condottieroEppure il Social Manager continua ad incontrare obiettivi ostacoli al legittimo riconoscimento della professionalità, a vedere il suo ruolo definitivamente inquadrato fra i più importanti organi aziendali. Deve ancora confrontarsi – nonostante l’indiscussa intraprendenza della classe dirigente italiana – con diffidenza, scarsa propensione all’innovazione e, in alcuni casi, persino con ingiustificabili e dannose resistenze opposte dagli operatori dell’uscente marketing tradizionale.

Quest’ultimo fenomeno è molto evidente in politica, cartina al tornasole dell’intera società. Si pensi: a fronte della straordinaria affermazione del Movimento 5 Stelle, che ai nuovi media ha affidato in via esclusiva l’intera propaganda della scorsa campagna elettorale, ancora si va sostenendo attraverso dibattiti televisivi ed improbabili analisi sociologiche (commissionate dai media tradizionali) che sì, il social marketing influenza ma “non muove voti”.

Fortunatamente a dare gli ultimi colpi di piccone a demagogia e conservatorismo delle economie aziendali è stata proprio la politica: fatte le dovute proporzioni, un successo paragonabile a quello del M5S oggi può essere raggiunto anche nei mercati, in ogni settore e da qualunque impresa decida di allocare al Web 2.0 sufficienti risorse finanziarie ed umane. Senza dover necessariamente ricorrere al reclutamento di professionisti del calibro di Grillo e Casaleggio, i quali fin d’ora dovremmo tutti imparare a definire – coerentemente con le loro originarie competenze – Social Manager prestati all’agone elettorale.

Passo vincente n. 1: maturare piena consapevolezza delle difficoltà

La prima e forse più impegnativa sfida che un Social Manager si trova ad affrontare in occasione di ogni nuovo incarico è la consapevolezza – interiore prima ancora che esterna – delle potenzialità dei suoi obiettivi. Senza quella piena coscienza risulterà ancora più difficoltoso se non impossibile fronteggiare le immancabili resistenze provenienti dalle stesse aziende.

È strano ma vero: alla figura dell’esperto di network digitali guardano con diffidenza non soltanto i responsabili del marketing di vecchia guardia – umanamente interessati a non condividere tanto i budget quanto il tornaconto professionale. A loro si aggiunge gran parte di tutti i dipendenti, consapevoli che prima o poi il nuovo orientamento digitale li costringerà ad ulteriori impegni. Il che si traduce – soprattutto nelle realtà più strutturate e meno ricche di spirito aziendale – in un indesiderato aumento di lavoro, responsabilità e competenze.

In questo quadro di difficoltà congenite il Social Manager deve muoversi con abilità e diplomazia. Cercando innanzitutto di conquistare la fiducia dei colleghi prima ancora di poter dimostrare il proprio valore ed il comune beneficio derivante dal suo incarico. Quindi dovrà assicurarsi l’indispensabile supporto dei massimi dirigenti, preferibilmente fondato sull’incondizionata fiducia derivante da ottimistiche quanto riscontrabili previsioni del ROI.

Solo così il nuovo responsabile della comunicazione avrà quindi modo di aprire un solido varco tra le diffidenze, tenendole costantemente a bada per impedire che possano ostacolare l’azienda nel processo di ammodernamento.

Mossa n. 2: il Social Manager e la policy aziendale.

Dopo aver coinvolto l’intera impresa nel comune impegno di aprirsi al nuovo mondo, per il Social Manager arriva il momento di trasmettere a colleghi e superiori le regole che disciplinano la realtà digitale.

L’eventualità e le modalità di partecipazione dei dipendenti ai social network, il rigoroso rispetto del “tempo reale” (imprescindibile requisito dei nuovi media di successo), e la sinergia fra tutti i settori della comunicazione aziendale, potranno essere disciplinati attraverso un documento programmatico di facile comprensione chiamato “policy interna”.

Per approntarlo – con la più vasta e proficua partecipazione – il Social Manager dovrà organizzare una riunione allargata ad ogni settore dell’impresa, durante la quale sarà suo compito principale mostrarsi ricettivo rispetto alle esigenze, le aspettative, i suggerimenti e le problematiche di tutti.

Sarà quella l’occasione perfetta per coinvolgere i dipendenti nell’elaborazione di una seconda policy, detta “esterna”, attraverso la quale verrà invece disegnata l’identità digitale dell’azienda. Sarà cioè stabilito in che modo l’impresa dovrà interagire con utenti e clienti, quali messaggi dovrà condividere, quali reazioni potrà considerare auspicabili e quali invece bollerà come indesiderate o addirittura censurabili.

Sia nel primo che nel secondo regolamento il carattere, il temperamento e l’indole dell’azienda dovranno sempre informarsi ai principi della trasparenza, della coerenza, del rispetto reciproco e – valore “laico” troppo spesso trascurato nella redazione delle netiquette – della comune utilità.

Ultima accortezza, n. 3: a chi si rivolge il Social Manager.

Penetrate ed identificate le dinamiche aziendali, assicurato il più diffuso e spontaneo supporto, stabilito un vademecum comportamentale da imporre a sé stesso prima che agli altri, al Social Manager non resta che compiere l’ultimo, fondamentale passo prima di lasciare spazio alle fasi operative: conoscere a fondo il target dell’azienda.

Senza questa premessa sarà ad esempio impossibile progettare, classificare ed integrare i diversi social media meritevoli di presidio, distinguendoli da quelli a cui puntare solo in termini di presenza.

E sarà altrettanto difficoltoso raccogliere ed approntare con efficienza risorse e contenuti coerenti, stabilire altrettanto proficuamente tempistiche e modalità di pubblicazione di aggiornamenti di stato, post e tweet.

Chi è il cliente tipo? Quali sono le sue esigenze, in quale modo possiamo soddisfarle, quali aspettative nutre nei nostri confronti? E poi: quali canali (ed in quali fasce orarie?) sono frequentati più assiduamente da influencer, opinion leader e stakeholders?

Prima che a se stesso, queste domande il Social Manager dovrà rivolgerle a chi ne sa più di lui: al dirigente come alla centralinista, ai commerciali come agli incaricati della logistica. Con buona pace per i responsabili del traditional marketing, la cui esperienza non sarà perciò affatto sminuita ma piuttosto rivalutata con l’avvento del digital marketing.

D’altra parte non è forse la ricerca del più largo consenso, interno ed esterno, uno degli obiettivi primari dei leader di partito? E chi altri è, se non un leader “politico” capace di trascinare e coinvolgere ed ingaggiare gli altri, il Social Manager?


Per altri spunti sull’argomento suggerisco la pagina Web che Wikipedia riserva al Social Media Marketing. Chi invece desidera approfondire il tema direttamente può contattarmi attraverso questo modulo.


Dizionario Twitter: 15 neologismi e un’infografica.

Il dizionario Twitter si arricchisce di nuovi termini, curiosi ed efficaci. Un’infografica ne spiega il significato.

Il dizionario Twitter, come quello di Facebook e di altri canali social, non finisce mai di aggiornarsi: sono almeno 15 i termini nati negli ultimi mesi e subito entrati a pieno titolo nella più recente edizione del Twictionary (indispensabile dizionario digitale, da molti ritenuto particolarmente prezioso perché introvabile nelle comuni librerie).

Si tratta di verbi, aggettivi e sostantivi che – a volte con sorprendente efficacia e spesso con mordente ironia – definiscono circostanze, consuetudini e modi d’essere tipici di chi frequenta l’emergente social media.

Click sul dizionario Twitter per aprire l'infografica

Tutte le nuove espressioni gergali integrano scontatamente, anche solo in parte, la radice “Twitter” (dall’inglese to tweet, “cinguettare”). Di conseguenza suonano come “anglofone”, ma non per questo c’è di che preoccuparsi: sono comunque comprensibili anche da chi non conosce la lingua, ed in ogni caso è disponibile una divertente infografica che ne spiega il significato.

Sfogliamo dunque, una ad una e con un tentato filo di umorismo, tutte le new-entry del dizionario Twitter!

Dizionario Twitter: Attwicted, BOM e Detweeted.

  1. Attwicted: l’addicted di Twitter. Letteralmente: “schiavo di” o, più benevolmente, appassionato di Twitter. Si riconosce per la capacità di condividere le foto della prima colazione con la stessa soddisfatta enfasi che caratterizza un neo papà mentre mostra l’album del primogenito.
  2. Detweeted: un tweet abortito, cancellato prima ancora di essere pubblicato. La circostanza è particolarmente comune fra gli attwicted, soprattutto quando a colazione mangiano i biscotti comprati al discount. Secondo un diffuso parere il dizionario Twitter dovrebbe riservare alla parola un posto di rilievo, anche per fini educativi.
  3. BOM: Bird-Of-Mouth, il passaparola di chi cinguetta. Parodistica revisione del termine WOM, Word-Of-Mouth, con il quale nel marketing si definisce l’attitudine dei clienti a trasmettersi l’un l’altro il giudizio su prodotti e brand.

Dizionario Twitter per Dweet, PTT e Politweet.

  1. Dweet: il messaggio incomprensibile lanciato da chi si trova in evidente stato confusionale. Generalmente scritto e condiviso da chi ha alzato un po’ troppo il gomito, in ore serali. Qualora appaia anche in altri momenti della giornata per il suo autore è ragionevole ipotizzare l’imminente e definitivo crollo del Klout score.
  2. PTT: Peak Tweet Time. Indica la migliore fascia oraria per pubblicare un tweet e garantirgli la massima visibilità. È il periodo – tanto caro ai social manager – nel quale l’attenzione degli utenti è particolarmente alta.
  3. Politweet: qualunque cosa venga scritta col chiaro intento di offendere o provocare i simpatizzanti di uno schieramento politico. La prassi è di consueto accreditabile al troll, figura tristemente nota e diffusa ben prima che il dizionario Twitter fosse in concepimento.

Ancora: Repeatweet, Twalker, Twantrum.

  1. Repeatweet: il tweet pubblicato pubblicato pubblicato pubblicato pubblicato pubblicato diverse volte nell’arco della stessa giornata. Odiosa pratica agli occhi di quegli utenti che non apprezzano i social manager ma ne sono follower consapevolmente fieri, preziosa opportunità per chi col social marketing ci campa.
  2. Twalker: colui che crea un account col precipuo scopo di fare stalking a danno di qualcun altro. Brutta gente, insomma.
  3. Twantrum: l’invettiva, lo scatto d’ira o – peggio – la filippica o la reprimenda che sa risultare persino più fastidiosa del solito. Alcuni utenti credono di poter sfruttare il twantrum per attaccare una celebrità o un’azienda con l’implicito intento di ottenere risposta e quindi mettersi in mostra. Il termine è inesorabilmente destinato a scomparire dal dizionario Twitter.

Tweet Cred, Tweetup, Twillionaire.

  1. Tweet Cred: l’approvazione, l’encomio ricevuto da una persona nota. L’ingresso dell’espressione nel dizionario Twitter è stato promosso con forza da chi vive e si ciba di Klout score.
  2. Tweetup: ne abbiamo parlato a proposito delle soluzioni per aumentare i follower Twitter. Si tratta di un’alternativa apparentemente meno vintage della celebri chat-pizze, incontri conviviali finalizzati al social networking. È l’occasione per prendere definitivamente atto che le foto del profilo non sono veritiere, e che chi organizza l’evento di solito si accorda col ristoratore per non pagare il conto.
  3. Twillionaire: colui che è riuscito ad arricchirsi (non solo di follower) grazie alla celebrità conquistata cinguettando. Non ne conosco, e mi affido a voi e ai vostri commenti per poter indicare in questo post alcuni esempi.

Ultimi neologismi del dizionario Twitter.

Ecco le tre nuove parole che occupano i posti in coda – secondo l’ordine alfabetico rispettato fin qui – nel dizionario Twitter.

  1. Twitterati: vanta moltissimi follower, e tutti vorrebbero essere suoi following. È la star, di quelle che ricevono migliaia di retweet anche se postano – seppure col loro impareggiabile stile – la ricetta dell’uovo sodo.
  2. Twypo: un tipo di refuso che causa lo stravolgimento – talvolta grottesco – del significato di una frase. Un notevole esempio l’ha fornito recentemente in TV Armando Sommajuolo, che nel condurre un TG LA7 ha scambiato la “u” per la “i” nel fare la cronaca della “fuga di Assad”.
  3. Twurvey: il sondaggio, il “survey”, strumento suggerito da tutti i manuali dei giovani social manager.

L’elenco di neologismi è finito, vi lascio ad un approfondimento dell’infografica (che contiene i riferimenti alla fonte). Ma prima una domanda:

voi conoscete altri termini che non sono contemplati in questo aggiornamento del dizionario Twitter?