Social media: 25 buoni motivi per NON usarli

I social media hanno un fascino irresistibile, ma dopo una lunga esperienza professionale ho capito: non servono a niente.

Per i social media ho sacrificato anni di lavoro, passione e diottrie, e qualche volta ho dovuto trascurare affetti e persino il sonno. Ma ora basta: domani non mi ritroverò un’altra volta vittima dei presenzialisti di Twitter, ricurvo dietro un blog ancora da svezzare, stremato dal confronto con un dirigente dal braccino corto, frustrato dal pubblicare anonimamente i miei aggiornamenti di stato su di una pagina Facebook aziendale che mia non è. Nel modo più determinato e definitivo che posso, dico: ti lascio, Web 2.0!

Certo, non posso affermare che i social media siano stati con me ingenerosi, che non mi abbiano dispensato belle soddisfazioni per ricambiare il devoto impegno. Credete forse che non sia consapevole di quale nostalgia si accompagnerà al ricordo di quelle volte che ho potuto bannare utenti, io privilegiato giudice supremo di comunità digitali, senza per questo provare rimorsi? Pensate che a mia volta non sappia essere riconoscente nei confronti di quei dirigenti che, lasciandosi irretire dalle mie argomentazioni nell’illusione di poter incrementare con i social media lead e conversioni, hanno voluto riempire tanto il mio portafogli quanto il mio orgoglio professionale?

10 anni di social media non fanno un Ernesto

Il perché di una definitiva conversione.

Proprio il maturo equilibrio tra simpatia e sofferenza che oramai nutro nei confronti di Internet, così come il sentirmi serenamente libero di manifestare quegli opposti sentimenti, mi rende umanamente certo di aver fatto la scelta giusta: è arrivato il tempo di cambiare lavoro. E di vuotare il sacco: i social media non portano a nulla, tanto le persone quanto le aziende. Credeteci, se a dirlo è chi fino a ieri si lambiccava per convincere imprenditori e manager della loro utilità e della loro efficacia.

Così è, se vi pare: i colleghi non s’aspettino le mie scuse, perché tanto sapranno bene loro come sottrarre all’attenzione di SERP, pubblica opinione e datori di lavoro quel che sto per dire. Nel congedare questa mia esperienza lavorativa ed esistenziale, in attesa di chissà quale futuro e meno sacrificante impiego, ho deciso di raccogliere qui 25 dettagliate ragioni per tenere lontani i social media.

Sappiate che non ho la pretesa di convincere alcuno, ma piuttosto la modestia di considerare l’elenco tutt’altro che esaustivo. D’altra parte non è sicuramente tutta farina del mio sacco, anzi: colgo l’occasione per ringraziare i responsabili d’azienda con i quali mi sono confrontato in questi ultimi anni, perché sono stati proprio loro a fornire gran parte delle seguenti motivazioni, per la mia e la vostra utilità.

25 motivi per trattare i social media come la peste.

Non date retta ai marketer, tenete lontani dai social media voi e la vostra azienda se vi riconoscente anche solo in parte in queste legittime, sane e condivisibili prospettive.

  1. Il Web 2.0 è ancora immaturo. Aspetto la terza edizione.
  2. Non sono alla ricerca di strumenti promozionali dall’ottimo rapporto tra costi e ricavi.
  3. L’hashtag è una specie di negozio virtuale?
  4. L’agenzia di marketing ha promesso a me e al capo un viaggio a Cuba in cambio degli investimenti in cartellonistica.
  5. Ascoltarmi? La gente deve comprare i miei prodotti, mica sentirmi cantare sui social media!
  6. Ciò che non si tocca non si compra.
  7. Non aprirò account sui social media perché provo un sottile piacere nel dare ai concorrenti un qualche vantaggio in partenza.
  8. Di teoria del passaparola ne parlava mio nonno.
  9. Ma lei mi vede a cinguettare?
  10. I sondaggi li lascio alla politica.
  11. Dicono che Facebook mette a rischio i matrimoni.
  12. Se mi vogliono mi trovano sulle Pagine Gialle. E pure su quelle Bianche.
  13. Io mi sono fatto da solo, senza l’aiuto di nessuno, e non ho amici. Vuole che incominci adesso?
  14. Non ho alcun interesse ad essere rintracciabile sempre e ovunque. C’è la mia segretaria per le piccole faccende.
  15. Mi piace un sacco investire migliaia di Euro su quei media di cui non posso misurare l’efficacia.
  16. Assegno valore inestimabile alla privacy.
  17. Ci manca solo che mi metta a dar retta a ciò che i miei clienti vorrebbero dirmi!
  18. E poi di clienti ne ho già fin troppi.
  19. La gente è invidiosa per natura: già li vedo lì pronti a sparlare di me su Facebook.
  20. Il mio tempo è prezioso, le chat le lasci a mio nipote.
  21. I social media sono una tendenza passeggera.
  22. Preferisco le cose semplici, non complicate come Facebook, Twitter e tutta quella roba 2.0.
  23. Io sono una persona vera: non credo affatto in quei finti network online.
  24. I social media sono pieni di gente che non ha niente di meglio da fare che sprecare il proprio tempo.
  25. Disdegno l’idea di potermi ritrovare al centro dell’attenzione.

Oltre che ai manager di cui sopra, nello stilare questo elenco mi sono liberamente ispirato ad un post di un noto blogger statunitense. Lui però non ha deciso, almeno non ancora, di abbandonare i social media. Qualcuno di voi vuol mettersi in società per aprire un agriturismo?

Social Media Marketing: il futuro secondo Nielsen

Il Social Media Marketing cambia in fretta: la ricerca di Nielsen sul 2012 regala straordinari suggerimenti per gli anni che verranno. | SMM

Il rapporto sul Social Media Marketing appena pubblicato da Nielsen è un gran bel regalo di Natale, veramente prezioso: capace in poche pagine di mettere subito in chiaro caratteristiche ed evoluzioni registrate nel 2012, senza tirarsela troppo svela agli operatori tendenze ed opportunità per l’anno prossimo e per quelli a venire.

La ricerca punta sostanzialmente a dare risposta a tre domande:

  1. Cosa guida la crescita dei luoghi di aggregazione online?
  2. Come vengono usati Facebook, Twitter, Google+, Pinterest e compagnia bella?
  3. In quale misura oggi incidono i Social media sul marketing?

Curiosi, eh? Ok, partiamo subito! Ma non senza una precisazione: pur avendo valore globale, l’analisi dell’agenzia statunitense si basa prevalentemente – non esclusivamente – su sondaggi e statistiche elaborate in Nord America nel corso dell’ultimo anno; è giusto saperlo.

Dettaglio infografica Social Media Marketing

Mobile e proliferazione: come cresce il Social Media Marketing.

Il Web (2.0 ed oltre) non è più in fasce: è oramai parte integrante della vita quotidiana. Ed il fenomeno non rallenta, anzi: è in rapidissima crescita. Basti pensare che, in media, il tempo trascorso dalla gente sui network online è passato da 88 a 121 minuti in 12 mesi.

Le persone tendono a passare sempre più tempo al computer? Niente di più falso: per pubblicare tweet e aggiornamenti di stato gli strumenti prediletti dalle nuove generazioni sono tablet e smartphone, che registrano un clamoroso + 82/85%. Pare incredibile, ma lo dice Nielsen (che non è una divinità, però gode di discreta autorevolezza): l’impiego dei PC è sempre meno frequente (- 4% fino allo scorso luglio).

La tecnologia mobile è dunque il volano dei Social media: il marketing dovrà tenerne conto, pena perdere il treno (ad alta velocità, per di più). Ma l’SMM dovrà anche riservare un occhio di riguardo ai nuovi canali social: sono proprio loro che attraggono – è ad esempio il caso di Pinterest – sempre nuove fasce di utenti.

Facciamo un po’ di hit-parade!

Nonostante il vertiginoso trend degli smartphone, desktop e notebook restano ancora (per poco?) le vie di accesso più frequentate (61%); ma per accedere a cosa? Sui PC sono in crescita Twitter, WordPress, Pinterest, Google+ (che, solo per merito della sua giovane età, segna un sonante + 80%), Tumblr e Wikia; scendono invece Facebook e Blogger.

Ma è in mobilità che gli indici positivi sono sorprendenti: + 85/88% per Facebook, + 118 Foursquare e + 134/140% Twitter. Sale persino MySpace, altrove dato oramai per spacciato. In linea con la (fin troppo) diffusa attenzione rivolta a Pinterest, Nielsen sostiene che il neonato network è fra quelli col maggior potenziale: le percentuali sui dati di accesso wireless si misurano con numeri a quattro cifre.

Il trend è favorito dal nuovo bacino d’utenza che Pinterest è riuscito a centrare: le donne.  Rispetto agli uomini le rappresentanti del gentil sesso che pubblicano foto ed infografiche sono almeno il doppio, in alcuni casi persino il triplo. Indipendentemente dallo strumento utilizzato: tablet, computer, telefoni intelligenti e laptop.

Dove, come e perché si usano i nuovi media?

Questa parte del sondaggio è tra le più divertenti: grazie all’agenzia di ricerche statistiche nordamericana ho scoperto di non essere il solo a sfogliare Facebook o a cinguettare su Twitter quando sono in bagno (in età tra i 18 e i 24 anni lo fa almeno una persona su tre). Più si sale con l’anagrafe e più diventa frequente l’utilizzo dei network sul luogo di lavoro.

Arrivano poi altri dati che certamente più di questi interessano chi si occupa di Social Media Marketing. Come ad esempio il perché si resta connessi: la maggior parte della gente, ed in specie le donne, lo fa per coltivare l’opportunità di intrecciare nuove amicizie nella vita reale.

In percentuale decrescente le ragioni che spingono gli utenti a frequentare i social media sono “il tenersi aggiornati”, l’allargare la cerchia di conoscenze, il favorire rapporti di lavoro. Curiosità: soltanto il 6% degli utenti – e tra questi c’è sicuramente qualcuno di mia conoscenza – è disposto ad accettare qualsiasi richiesta di contatto, da chiunque provenga.

La televisione diventa sociale.

Il Social Media Marketing dovrà tenere debitamente conto di altri due trend preminenti. Il primo lo conosciamo tutti, per quanto si faccia fatica a razionalizzarlo: a motivare l’interazione online sono soprattutto i programmi TV. Pensate: un terzo di tutti i tweet è in qualche modo legato ai palinsesti del piccolo schermo.

Non basta: il 38% dei possessori di smartphone, ed il 41% di chi possiede un tablet, frequenta il Web mentre guarda il TG, un film, un documentario o la pubblicità. Tantissimi di loro fanno acquisti (il 45% di chi ha un iPad!), visitano i network, cercano informazioni correlate o accedono ad offerte annunciate in TV.

La seconda considerevole tendenza è il cosiddetto “social care” (alla cui molteplice valenza abbiamo accennato in tema di Facebook aziendale). Ebbene: pare che il 47% degli utenti dei nuovi media faccia ricorso ai servizi di assistenza forniti dalle imprese attraverso i social media (addirittura un giovane su tre preferisce questa soluzione al contatto telefonico).

Il canale più utilizzato per praticare il social care è senz’altro Facebook, tanto attraverso le pagine aziendali tanto quelle personali. Seguono – a molte lunghezze di distanza – i blog istituzionali dei brand, Twitter, Youtube ed i blog non direttamente legati alle imprese.

Più engagement che advertisement.

Se gli amanti del SEA si stavano leccando i baffi è bene che smettano subito: gli utenti dei social media non apprezzano la pubblicità. Peggio: il 33% la considera più sgradita di quella che si incontra comunemente in altri luoghi online. E non è finita!

Sempre a detta di Nielsen, coloro che cliccano “Mi piace” su di un messaggio promozionale non superano il 26%. La percentuale scende ulteriormente con chi condivide gli ADS (15%), mentre le conversioni vere e proprie arrivano in media al 14%.

Se i Like rappresentano dunque l’azione più diffusa in presenza di annunci commerciali, viene confermato un principio già ampiamente condiviso nell’ambiente del Social Media Marketing: engagement e branding sono gli obiettivi maggiormente papabili, e per i quali con maggiore probabilità il ROI sarà positivo.

Facciamo i conti. Con l’era dei consumatori sociali.

Cosa c’è da imparare dai dati forniti dall’azienda statunitense? Diverse cose, a mio avviso. Innanzitutto nessuno più dovrebbe potersi illudere di praticare pubblicità in TV senza rendere conto al Social Media Marketing, senza cioè ricorrere a quel “marketing integrato” che sempre più agenzie adottano come principio guida (un esempio è dato dalla campagna Coca Cola / Skyfall, curata peraltro da una nota agenzia italiana).

Sembra oramai indispensabile prevedere e, meglio, assecondare gli effetti di uno spot in TV: un utente Twitter su tre è lì pronto sul divano di casa a condividere e commentare con i follower (che invece sono al lavoro, a sciare, o seduti sul water) le pubblicità passate sullo schermo. Basta saperlo, e basta quindi conoscere quale straordinaria capacità di amplificazione contraddistingue la categoria del “social consumer” rispetto ad un messaggio promozionale televisivo opportunamente predisposto. Mica noccioline.

Mobile e proliferazione hanno poi dal canto loro altri significativi portati. Vedo ad esempio nel tema della localizzazione uno dei principali riferimenti per i futuri marketer. Ma anche la capacità di porsi criticamente rispetto ai canali social più affermati, per non correre il rischio di sottovalutare nuovi trend ed ulteriori opportunità (ok, ok, di Pinterest se ne parla pure troppo: sono il primo a pensarlo).

Ma gira che ti rigira si torna sempre al passaparola 2.0. Il report che abbiamo appena finito di snocciolare si chiude con una enciclica: il WOM è la chiave, perché sempre più persone si rivolgono ai social media per informarsi su brand, prodotti e servizi, e per decidersi definitivamente all’acquisto.

È vero: la ricerca rivela che un quarto dei consumatori (duepuntozero) considera positivamente un banner correlato al proprio profilo personale, e questa è un’opportunità. Ma è ancora il Word of Mouth la carta vincente di un Social Media Marketing sempre più mobile, dinamico e teledipendente.

Ok, il post è finito. I più pigri possono scaricare qui, senza doversi allontanare, il documento sul Social Media Marketing 2012 di Nielsen. (PDF!!!).

Fonte.

Social media marketing | Skyfall, birra e Coca Cola

Social media marketing – I video virali di Coca Zero ringiovaniscono un James Bond oramai cinquantenne: “Skyfall – Libera lo 007 che c’è in te”.

Mentre a Londra ieri sera si celebrava la prima cinematografica di Skyfall in tutto il mondo era in atto una nuova tappa della campagna di Social media marketing lanciata a settembre da Coca Cola, sponsor del 23° film di James Bond.

L’operazione, prevalentemente caratterizzata da video virali, mi sta piacendo molto: a mio avviso è destinata ad essere ricordata come un chiaro esempio di professionalità ed efficienza. Non di certo per la scontata cura riposta nel realizzare le simpatiche clip, quanto piuttosto per la tempestività (lungimiranza?) con la quale i responsabili del piano marketing sono riusciti a rilevare possibili problemi con l’identificazione del target. Come credo dimostri una recente performance di Daniel Craig, ospite alcuni giorni fa del seguitissimo varietà televisivo statunitense Saturday night live.

A quello show l’attore britannico si è presentato con un’inedita e a tratti imbarazzante veste clownesca ed autoironica, con l’evidente intento di mettere in discussione l’immagine seriosa e mascolina di se stesso e dell’agente 007 impersonato. Vediamo alcune gag, replicate sui canali di Social media marketing coinvolti.

http://youtu.be/SLESmGvigAQ

Perché Craig indossava parrucca e occhialoni da clown?

Quest’anno la spia inglese festeggia il cinquantesimo compleanno, mentre l’attuale interprete di anni ne ha quasi 45: anche se ben portata in entrambi i casi, l’età si vede. Tanto più che nella memoria collettiva dev’essere molto radicata l’immagine degli attori non più giovanissimi ai quali in passato era stata affidata la parte del protagonista: Sean Connery, George Lazenby, Roger Moore, Timothy Dalton e Pierce Brosnan.

Il tempo che scorre non ha forse influenzato il “product placement”, tecnica di marketing che nei film dell’agente segreto si è sempre rivelata una miniera d’oro: in mezzo secolo sul set di James Bond hanno trovato posto i marchi più diversi, come ad esempio quelli di automobili (Aston Martin), armi da fuoco (Beretta), orologi (Omega) e telefoni (Eriksson). Ora però che i liquori (Martini) cedono il posto a bevande meno impegnative, con poco alcol (Heineken, altro grande sponsor di Skyfall) o senza zucchero (Coca Cola Zero), c’è bisogno per tutti di rifarsi il trucco: birra e bibite gassate le bevono i giovani, mica gli anziani.

http://youtu.be/RDiZOnzajNU

La piena consapevolezza che Skyfall potesse non trovarsi pienamente in target con alcuni dei prodotti sponsor dev’essere arrivata a fine estate, proprio grazie al Social media marketing e subito dopo l’esordio della campagna promozionale: su Facebook e Twitter numerosi fan di lungo corso avevano protestato per l’idea di un virile James Bond che da drink ad alta gradazione passa a cocktail di malto, luppolo e bollicine. Salvo poi dover prendere atto che Daniel Craig, protagonista di Skyfall, aveva il potere di svelare in video una nuova identità di Bond: meno ingessata e più disinvolta, spigliata e giovanile. D’altronde la particolare abilità nel trasformismo è tipica delle spie.

Il Social media marketing è il vero agente segreto.

Ragazzi spensierati che corrono agili e si lanciano in ardite e spavalde imprese: questo sì che è un messaggio coerente con bevande a contenuto tasso alcolico, o persino senza calorie. Questo sì che è un James Bond al passo coi tempi e con le esigenze pubblicitarie, capace di innescare sui nuovi media quei preziosi meccanismi virali sui quali gli sponsor hanno investito gran parte delle loro speranze:

  1. Facebook di Coca Zero
  2. Twitter

http://youtu.be/Tl3OKNyZ8t0

In conclusione: tanto per l’esatta identificazione del target, quanto per i successivi ritocchi al look del protagonista di Skyfall, i meriti sembrano tutti potersi accreditare al Social media marketing. Senza di lui la campagna promozionale della Coca Cola (e mettiamoci pure la Heineken) avrebbe potuto rivelarsi molto meno efficace di quanto non sia già. E perfino l’immagine degli 007 inglesi avrebbe rischiato di sbiadirsi, per finire poi all’asta assieme ai cimeli di Bond in vendita da Christie’s. O addirittura in un museo, pur prestigioso, come il MoMA di New York.

Pagina Facebook aziendale | Il social network per l’azienda | SEO

Pagina Facebook aziendale: tra i Social network forse il più potente ed efficace strumento di marketing per l’azienda.

[P.s.: spero torni utile la guida sulla pagina Facebook aziendale in formato PDF (circa 200 kb)]

Pagina Facebook aziendale | Quando la multinazionale (omissis) mi chiese di guidare i suoi social network italiani, Twitter e Facebook, accettai l’incarico con entusiasmo pari al timore. Questo perché i canali erano già stati creati da circa un anno e le cose non andavano per il verso giusto: in maggioranza si leggevano commenti negativi, che lasciavano percepire un sentiment incoerente con l’effettiva brand reputation (per la cui gestione Web ho successivamente ricevuto ulteriore incarichi).

Ho fatto questa premessa più che altro per allertare le imprese medio/piccole: creare pagine Facebook aziendali senza un progetto può portare a risultati insoddisfacenti, se non addirittura controproducenti. Bisogna avere bene in mente obiettivi e modalità, ed aver maturato consapevolezza di premesse e condizioni per poi procedere alla compilazione di un un business plan.

Strumenti per progettare una pagina Facebook aziendale.

Come creare e gestire una pagina Facebook aziendale

Per approntare un piano strategico finalizzato all’esordio sui social network e alla creazione della pagina Facebook aziendale è necessario uno strumento ad hoc. Il project management che io preferisco, e che utilizzo per le “cose importanti”, è Prince2; mi è stato consigliato tempo fa da un caro amico e collega. Non è certamente dei più semplici ed immediati, ma consente una visione d’insieme efficace e produttiva di qualunque tipo di attività strutturata. Ad esempio non è indicato per allestire un party, per quanto affollato possa essere, ma lo vedrei bene utilizzato in uno sposalizio in grande stile (chi l’ha organizzato sa bene quanto possa risultare impegnativo).

L’adozione di un tool per la pianificazione comporta vantaggi fondamentali: permette di definire con certosina precisione l’obiettivo della pagina Facebook aziendale, calendarizzare il time scale e prevedere le variabili principali. Come ad esempio output, outcome, dis-benefit, rischi e soprattutto costi e benefici. In questo modo risultano favorite tanto le eventuali revisioni in corso d’opera quanto la misurazione parziale o complessiva del ROI. Cosa potrebbe chiedere di più un dirigente d’azienda che si approccia ai social network con diffidenza, e che non è ancora in grado di apprezzare gli investimenti finanziari nelle attività di inbound marketing?

Chi e in che modo dovrà creare e curare la pagina Facebook aziendale?

Ci si può anche inventare social media manager, e se si possiede talento è possibile riscuotere successo anche senza esperienza. Ma alle imprese, per quanto è dato sapere, non piace rischiare. Ecco perché è bene identificare con cura un professionista che almeno fornisca i giusti indirizzi.

In un mondo perfetto lo staff dovrebbe essere costituito dalle seguenti figure, i cui compiti tuttavia potrebbero anche essere accollati ad un’unica persona:

  1. Project manager – Dovrà elaborare il progetto, verificarne l’esatta esecuzione, vagliare i report, ed eventualmente istruire il personale (direzione, vendita e MKTG). È bene rivolgersi ad un professionista.
  2. Responsabile della pagina Facebook aziendale – Cura il piano editoriale, redige i contenuti ed i report. Nella selezione dell’incaricato sarà bene dare più credito ai risultati dimostrabili che non ai titoli, viste le peculiarità dell’approccio digitale al social marketing. Marco Massarotto – autore per Apogeo dell’eccellente “Social Network – costruire e comunicare identità in Rete” – vede questa come una figura a metà tra un giornalista, un blogger ed un informatico.
  3. Coordinatore – Nel caso in cui i ruoli descritti in precedenza non siano affidati al personale sarà necessario che azienda committente e incaricati abbiano una figura di riferimento che garantisca la comunicazione in tempo reale. L’ideale è un impiegato interno – preferibilmente specializzato in marketing – che abbia particolare dimestichezza con i social network, ed al quale sia stata trasmessa la piena consapevolezza dell’importanza del progetto.
  4. Community manager – È colui che pratica la moderazione e alimenta la partecipazione con modalità reattive e proattive. Secondo la mia esperienza torna molto utile che sia egli stesso ad occuparsi della pubblicazione dei contenuti. In collaborazione con il responsabile della pagina sarà chiamato ad occuparsi di crisis management.
  5. Tecnici – Esterni o interni, sono coloro che curano il design della pagina, le personalizzazioni e le applicazioni, e producono elementi grafici come foto e video. Compiti come questi possono essere di volta in volta delegati ad agenzie, sotto la supervisione di chi guida la pagina Facebook.

Prepararsi alla nuova avventura.

La pagina Facebook aziendale sta per essere creata e pubblicata, sulla base delle responsabilità individuate e del piano marketing approntato. Ma prima di compiere il grande passo dovremo farne ancora qualcuno piccolo.

  1. Analisi delle dinamiche aziendali – Le persone a cui saranno affidate le responsabilità del progetto ed il suo autore devono conoscere profondamente la ditta committente. Fondamentale è la piena acquisizione della “vision” che guida l’impresa.
  2. Identificazione dell’identità digitale – Come si esprimerà l’azienda sui social network? Darà del “tu” agli interlocutori? Farà uso di emoticon? Per definire la “personalità” che l’impresa mostrerà su Facebook torna utile studiare il comportamento della concorrenza diretta e confrontare in un brainstorming i profili caratteriali che – preferibilmente – più persone avranno immaginato.
  3. Istruire l’azienda – Una volta entrati sul Web (ed aperta la pagina Facebook aziendale) l’impresa sarà aperta al mondo: chiunque potrà guardare dentro. Attraverso i tratti dei contenuti pubblicati, i tempi ed i modi delle azioni e delle reazioni, gli utenti riusciranno a percepire senza sforzo l’ambiente interno alla ditta. Per far sì che stanze e corridoi appaiano ordinati, puliti ed ospitali è bene che tutti i dipendenti vengano istruiti sulle dinamiche dei social network. Tornerà anche utile stabilire se gli stessi potranno o meno prendere parte pubblicamente alla community online, ed in caso positivo sarà indispensabile definire una policy comportamentale. Ma la cosa più importante sarà far comprendere a tutti che la comunicazione immediata è la chiave di volta del successo.
  4. Netiquette – Di fondamentale importanza è il regolamento al quale dovranno attenersi liker e amministratori della pagina Facebook aziendale. Dunque sarà bene fare propria una certezza ed abbandonare l’ideale di una Rete capace di autoregolamentazione e democrazia reale: senza un preciso elenco di comportamenti accettati e non tollerati c’è rischio di “anarchia”. La netiquette dovrà essere sintetica, chiara, e soprattutto tanto condivisibile da poter essere spontaneamente condivisa.
  5. Piano dei contenuti – Gli incaricati dovranno stilare una “linea editoriale” e programmare tempistiche e modalità di pubblicazione.
  6. Web awareness e benchmarking – Quando i dirigenti chiederanno conto dell’operato e vorranno misurare il ROI sarà necessario possedere termini di confronto. Dunque prima di partire si dovrà misurare la reputazione online, il sentiment, la popularity, il grado di influenza e quant’altro rientra tra gli obiettivi del business plan.

Opportunità, obiettivi e strategie della pagina Facebook aziendale.

Una pagina Facebook aziendale priva di precise connotazioni e finalità non ha ragion d’essere. Vediamo dunque cosa è possibile ottenere tramite il social network e come ottenerlo.

  1. Brand awareness – La conoscenza del marchio potrà essere incrementata a precise condizioni. In particolare è necessario: programmare la pubblicazione di contenuti di qualità (ad esempio approfondimenti, anteprime ed esclusive riservate ai fan); mirare all’engagement dei Web influencer; utilizzare strumenti promozionali interni e, possibilmente, esterni; garantire la piena sinergia fra tutti i canali di comunicazione esistenti. Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante: a cosa serve una pagina Facebook aziendale se del lancio di un nuovo prodotto gli utenti vengono a conoscenza attraverso i blog specialistici, ai quali i PR avranno in precedenza inviato i relativi comunicati stampa?
  2. Brand reputation – Più la pagina sarà capace di proporsi come punto di riferimento per i clienti più sarà possibile gestire direttamente la reputazione online, piuttosto che affidarla a siti Internet e forum indipendenti.
  3. Presentazione prodotti – Quale vetrina migliore per evidenziare le caratteristiche di spicco della più recente linea prêt-à-porter?
  4. Promozioni e vendite – Sì, su Facebook è possibile e proficuo lanciare campagne di sconti, stimolare acquisti collettivi e persino approntare un negozio virtuale.
  5. Copertura eventi – Una conferenza stampa, la partecipazione ad una fiera, l’allestimento di uno stand riescono meglio se c’è qualcuno online che faccia da cassa di risonanza.
  6. Sondaggi e co-creazione – Confrontarsi direttamente con il pubblico comporta lo straordinario vantaggio di praticare engagement a costo zero.
  7. Customer care – Difficilmente Facebook può sostituirsi al servizio clienti, ma di certo può rappresentare la golosa opportunità di fornire un primo aiuto, anche grazie alla collaborazione degli utenti più esperti. Ciò favorisce la positiva percezione di brand e prodotto, impedendo che buzz e WOM siano liberi di scorazzare incontrollati su community esterne. L’occasione è buona anche per ottenere obiettivi riscontri (ed eventualmente agire di conseguenza) sull’operato del service che gestisce il customer care.
  8. Co-marketing – Per una startup mostrarsi pubblicamente in compagnia di una multinazionale affermata – come se fosse in atto una joint venture o almeno una partnership – è una chimera. A meno di trovarsi sul Web e possedere social network ben strutturati. E questo vale per un’impresa giovane come per un personaggio politico neo eletto o un attore emergente.
  9. Web monitoring – La pagina Facebook aziendale è una cartina tornasole, uno specchio della considerazione che marchio e prodotti riscuotono su Internet. Se la ditta non ha chi pratichi il monitoraggio a 360 gradi questa è un’opportunità da non sottovalutare.
  10. Feedback – Nessuno più dei liker può spiegarci meglio cosa funziona e cosa invece non va in un prodotto. Mettiamoci in posizione di ascolto: ci servirà in futuro per evitare gli stessi o simili errori, e praticare oggi stesso (ove possibile) migliorie.

Considerazioni e suggerimenti finali.

Il social networking è una materia tanto complessa e articolata che risulta – ovviamente – impossibile trattarla in un singolo contenuto. Forse non sarebbe sufficiente un corposo manuale. Ma siccome l’obiettivo di questo post è fornire un prospetto di base chiaro all’azienda che vuol aprire una pagina Facebook, ho lasciato da parte lo spazio conclusivo dove appuntare riflessioni sparse.

Innanzitutto la sincerità. Intendo dire che l’identità digitale dell’impresa deve necessariamente risultare trasparente e schietta se desidera conquistare l’imprescindibile fiducia dei fan. Non è indispensabile essere completamente “veri”, ma almeno bisogna mostrarsi “falsi – veri” (in merito la Disney ha qualcosa da insegnare). L’importante è in ogni caso evitare il terribile binomio “vero – falso” o, peggio, “falso – falso”.

La community è di tutti. E questo i frequentatori dovranno percepirlo immediatamente, così che possano sentirsi come a casa ed essere motivati a tornarci. Alla regola dovranno informarsi sia le attività di moderazione sia i contenuti programmati e quelli occasionali.

Il seeding è legittimo? Sì, se persino tumblr.com – hanno recentemente confessato i suoi creatori – l’ha utilizzato all’esordio del sistema di blogging. L’importante è andarci piano, con i piedi di piombo.

Fare pubblicità. Se rappresenta una ditta giovane e sconosciuta difficilmente la pagina sarà in grado di attirare liker spontaneamente. È dunque opportuno ricorrere inizialmente a strumenti promozionali interni a Facebook (engagement ads) ed esterni, inbound ed outbound. Quando una piccola base di fan sarà stata creata può risultare efficace ed economico l’endorsement.

Presidio o presenza? I suggerimenti fin qui elencati si rivolgono prevalentemente a coloro che vedano nei social network una piattaforma di promozione prioritaria. Ritengo però che possano tornare utili – se opportunamente filtrati – anche laddove il dirigente abbia disposto la creazione di spazi con il solo scopo di presenziare le reti sociali.

Ok, credo sia davvero tutto. È comunque a disposizione il sistema dei commenti per chi desideri approfondire questi ed altri argomenti. Buona pagina Facebook aziendale a tutti!

P.p.s. Dimenticavo le FAQ di Facebook per le aziende.