Google+ supera Twitter: 2° social media nel mondo

Google+ è il secondo social media più frequentato al mondo; al primo posto regna Facebook, Twitter solo quarto dopo Youtube.

Che con Google+ quelli di Mountain View facessero sul serio si era capito fin da subito. Ma che ad un anno e mezzo dal lancio il social media sarebbe persino riuscito a raggiungere il secondo posto fra i network online più frequentati al mondo, superando Youtube e Twitter (rispettivamente terzo e quarto a poche misure di distanza fra loro), forse nessuno ci avrebbe scommesso un soldo.

Scontatamente al primo posto per numero di frequentazioni resta ancora Facebook, da anni in fuga rispetto ai concorrenti: accedono al network ogni mese quasi settecento milioni di “liker”, pari a circa il doppio di Google+ che si attesta a 343 milioni di utenti mensili.

Google+ supera Twitter

La classifica appena riportata – pubblicata da un’agenzia londinese di buon credito e specializzata nel Web – si rifà all’ultimo trimestre del 2012, arco temporale di riferimento per analisi e consuntivi già pubblicati e in via di elaborazione. I dati hanno valore internazionale: il campione rappresenterebbe il 90% dell’intera popolazione mondiale.

In crescita tutti i principali social media.

Ma c’è anche un altro tipo di competizione che interessa i social media: il tasso di crescita. Ed in questa gara è Twitter ad aggiudicarsi il primo posto, con un incremento su base trimestrale del 40% di persone a cui piace cinguettare. I suoi utenti mensili sono 288 milioni, equivalenti al 21% dei naviganti.

Nella speciale classifica Facebook si tiene nel gruppo di testa, con un aumento superiore al 30%. Resta straordinario il numero di utilizzatori: una persona su due, fra quelle che in tutto il Pianeta hanno accesso ad Internet, ha un account sul canale creato da Mark Zuckeberg. A stretto giro segue Google+ con il 25% di incremento e lo “share” del 25%.

Se lievita il consenso anche per Pinterest e Linkedin, numeri negativi si registrano invece nei social media di portata locale, schiacciati dalla concorrenza dei colossi internazionali. Gli utilizzatori dell’uscente Badoo, ed in particolare quelli che tramite Facebook ti chiedono se hai mai desiderato portare a letto una reciproca amica, si ritengano avvisati.

Le ragioni del successo di Google+

I motivi di un’escalation così clamorosa per la piattaforma inventata da BigG sono a mio avviso due. Il primo ha senz’altro a che fare con la crescita geometrica dei possessori di smartphone basati su sistema operativo firmato Google. Volenti o nolenti, prima o poi tutti coloro che usano un dispositivo Android si ritrovano come per magia attivi anche su Google+.

In realtà il discorso vale ugualmente per computer, notebook e tablet, come d’altra parte sostengono anche gli autori della statistica: sul network di Mountain View ci finiscono tutte le persone che abbiano creato un account Google per usare qualunque degli ulteriori servizi offerti: Gmail, Documenti, Drive, Calendar, Maps e altri. È stata dunque anche la sinergia fra le applicazioni di BigG a garantire all’ultimo nato l’esponenziale crescita registrata.

Tra l’altro il possedere un account su Google+ fa bene ai sempre più numerosi autori di blog personali: a detta di molti tecnici della SEO è indispensabile possederne uno per favorire la visibilità sui motori di ricerca, tanto in termini di posizionamento quanto nella possibilità di catturare l’attenzione attraverso i “rich snippet” (per intenderci, quelli che ad esempio al fianco di un risultato mostrano la foto dell’autore del relativo contenuto).

Rendiamo onore al merito.

Twitter cresce notevolmente, e probabilmente riuscirà in futuro anche ad accelerare ulteriormente il passo attraverso i nuovi servizi proposti (Vine, ad esempio). A Google+ può dirsi tutto, ma c’è da scommettere che d’ora in poi nessuno più si permetterà di appellarlo come “città invisibile”: è lì che gongola sul secondo gradino del podio,  facendo bella mostra della medaglia di bronzo appena conquistata.

Però al primo posto, apparentemente inarrivabile, resta Facebook. Che che se da un canto può vantare – come i diretti concorrenti – un alto tasso di crescita, oltre che un elevatissimo numero di frequentatori attivi al mese, dall’altro regna incontrastato nella graduatoria principe: la quantità totale di user. In questo la ricerca statistica che abbiamo appena esaminato parla chiaro: sul network ci bazzicano in totale – seppure non sempre con gran frequenza – circa un miliardo di persone.

In definitiva: da qualunque prospettiva si guardi ai dati, per Google+, Twitter ed altri social media emergenti la strada per impensierire Facebook appare ancora molto, molto lunga. Che dite: mi sbaglio?

Fonte.

SERP Google, cambia il layout: nuovo colpo al SEO?

La SERP Google cambia ancora aspetto: la colonna sinistra si svuota. Forse per fare ulteriore spazio ai link a pagamento. Cosa ne pensano i SEO?

SERP Google | A giugno del 2011 tanto alla prima pagina del suo motore di ricerca, quanto alla SERP, Google aveva applicato una nuova impostazione grafica. Che si caratterizzava per la presenza in alto di una barra nera contenente un menu generale, dal quale accedere alle altre applicazioni (come G+, Image Search, Calendar, Maps, Gmail ed altro).

Quella barra era condivisa da gran parte degli altri servizi di BigG: l’obiettivo era quindi uniformare il layout per garantire una comune logica d’interazione, un’esperienza d’uso coerente.

Anche sotto il profilo estetico – oltre che funzionale – la scelta non poteva dirsi certamente sbagliata: attraverso le immagini che seguono possiamo farci un’idea convincente di quanto in meglio sia cambiato il design di Google Search dal 1997 ad oggi.

Il layout della SERP Google Search nel 1997

L'interfaccia di Google nel 2012

La SERP Google cambia nuovamente interfaccia: si fa spazio al SEA?

Già da novembre di quest’anno negli USA, e da qualche giorno anche in Italia, il layout della SERP Google è cambiato nuovamente. Ed in modo sostanziale: la colonna sinistra, dov’erano collocati gli strumenti di ricerca avanzata, si svuota completamente. I tool naturalmente rimangono, ma vengono spostati in un inedito menu orizzontale.

Le opzioni Immagini, Video, Notizie, Maps e Shopping si trasferiscono in alto. Le impostazioni che permettono di circoscrivere i risultati vengono concentrate alla voce Strumenti di ricerca; il pulsante dà accesso ad un ulteriore menu a tendina che attiva gli operatori lingua, data, località ed altro.

Facciamo ricorso ad altre immagini per prendere piena consapevolezza dei cambiamenti nella SERP Google. E per evidenziare il grande spazio lasciato libero dal trasferimento dei contenuti dell’intera colonna di sinistra.

Il precedente design della SERP Google

L'interfaccia rinnovata della SERP Google

Addio all’uniformità della SERP Google.

La coerenza dell’interfaccia utente fra tutti i servizi non è più una priorità per gli ingegneri di Mountain View? Sembrerebbe sia così, se prendiamo atto del fatto che soltanto per la SERP Google ha deciso di svuotare la colonna sinistra, che continua invece a restare occupata da svariate voci nelle numerose altre applicazioni.

Delle due l’una: o il rinnovato layout interesserà presto anche Google+, News, Play, Reader, Drive e tutto il resto, oppure alla base della scelta c’è una ragione precisa: creare spazio per far posto a qualcos’altro. Cosa? Le inserzioni pubblicitarie, è lecito immaginare.

L’ipotesi è confortata dalla diffusa opinione dei SEO, secondo i quali la presenza dei link a pagamento si va facendo sempre più corposa, addirittura “invadente” per le keyword di maggior valore. C’è chi, tra gli optimizer più affermati in Italia e nel mondo, traduce il recente trend con un calo del Click Through e delle conversioni in misura del 10% nella quantità dei risultati organici.

C’è da dire che, attraverso le modifiche alla sua SERP, Google ha tutto il diritto di sperimentare soluzioni destinate ad incrementare i guadagni originati da AdWords: secondo l’ultimo resoconto di bilancio le casse della multinazionale si sono considerevolmente svuotate (certo, non al pari della colonna sinistra delle results page!).

Dunque nessuno dovrebbe sentirsi in diritto di imputare colpe a BigG. A meno che l’eventuale apparizione di ulteriori banner non finisca addirittura per squalificare l’attuale esperienza d’uso – universalmente apprezzata – e non diventi quindi motivo di scontento per gli utilizzatori del motore di ricerca. Ma siamo pronti a scommettere che, per la sua SERP, Google non se la senta di correre rischi.

Per approfondire: http://insidesearch.blogspot.it/2012/11/spiffing-up-your-search-results-page.html

SEO Google: Panda n. 20 e nuovo filtro EMD

Cambiano ancora le regole del SEO: Google implementa l’update n.20 per l’algoritmo Panda ed introduce il nuovo filtro EMD (Exact match domains).

Lo sa bene chi lavora con il SEO: Google aggiorna periodicamente i meccanismi del suo motore di ricerca con l’obiettivo di migliorare la qualità dei risultati. L’algoritmo modificato più di frequente, e con una cadenza pressoché periodica, viene chiamato Panda.

Per quest’ultimo l’update più recente risale ad alcune ore fa, ed è siglato (per convenzione fra i big del Search engine marketing) con il numero 20. Le novità introdotte sono particolarmente importanti per le query in lingua inglese, sulle quali il nuovo sistema incide in misura del 2.4 % rispetto al SEO Google.

Guerra ai domini a corrispondenza esatta di scarsa qualità

L’update interessa meno la versione italiana del motore di ricerca, ma resta significativo. In un intervento pubblico Matt Cutts – in Google da 12 anni ed attuale dirigente del team anti spam – sostiene che lo spagnolo ed il francese risentiranno delle migliorie per appena lo 0,5 %. È lecito supporre che la percentuale si estenda anche all’idioma del Bel Paese.

Ma in cosa consiste l’aggiornamento? In molti pensano ad una ulteriore messa a punto del “setaccio” che Panda (con Penguin) usa per accreditare merito a domini che contengono keyword coerenti con contenuti originali ed utili, e per penalizzare quelli che invece vorrebbero basare tutta la loro fortuna sul tavolo da gioco delle SERP unicamente affidandosi alle parole chiave del nome di dominio.

Facciamo un esempio del SEO che Google non ama, e che combatte con la costante revisione dei filtri: “libri-molto-romantici.com” è un blog (ipotetico e sentimentale) che pratica lo “scraping”, cioè estrae automaticamente i dati da terze parti per riproporli a sua volta in forma sintetica o parzialmente modificata. Se prima il “raccoglitore di testi altrui” poteva nutrire buone speranze di visibilità con le key “libro molto romantico”, ora le aspettative si fanno meno rosee.

SEO, Google ed EMD

Gli update di queste ore non riguardano soltanto Panda, a dimostrazione di quanto Google sia determinato a fornire risultati dalla qualità sempre più soddisfacente. Le novità parlano anche di un inedito algoritmo, di cui si vociferava a fine settembre.

Il neonato cacciatore di spam si chiama EMD, acronimo di Exact match domains. Il suo ruolo, guarda caso, è ben definito: colpire i domini ad esatta corrispondenza di scarsa qualità.

Che senso ha un algoritmo che ha lo stesso compito già assegnato a Panda (e mettiamoci pure Penguin)? Se lo sono chiesto gli addetti ai lavori, e la loro risposta è questa: EMD colpisce i nomi dei siti con un gran numero di parole chiave, palesemente creati ad hoc per apparire ai primi posti delle SERP con precise long tail.

In definitiva il Panda, il Pinguino e Exact match domain lavorano in team: i primi continueranno ad occuparsi di nomi di dominio come “libri-usati.com”, l’ultimo si metterà sulle tracce di siti battezzati ad esempio “te-la-mangi-la-minestra-con-la-cannuccia.it”.

Quanto debbano preoccuparsi di queste ultime notizie i webmaster italiani non è dato sapere, ma almeno per la prima release di EMD pare sia legittimo continuare a sentirsi moderatamente tranquilli: l’algoritmo, sempre a detta dei dirigenti di Mountain View, inciderà nella lingua inglese per lo 0,5 % sul SEO Google. Molto meno per le ricerche italiane.

Google Trends si fonde con Google Insights

Google Trends e Google Insights accorpati in un unico strumento. Finalmente utilizzabile anche su smartphone grazie ad HTML5.

La notizia è stata diffusa il 27 di settembre, ma solo da alcune ore l’effetto è visibile anche in Italia: Google Trends e Insights sono ora un unico strumento. D’altra parte i dati utilizzati dalle due precedenti varianti erano i medesimi, solo presentati attraverso differenti prospetti.

La novità farà piacere fin da subito a chi spesso frequenta il Web tramite smartphone: i grafici del nuovo Google Trends sono basati su HTML5 e dunque hanno caratteristiche “adattive”. Sono cioè capaci di ridurre automaticamente le dimensioni in funzione della grandezza del display: non sarà più necessario scorrere orizzontalmente o verticalmente per visualizzarli.

Il nuovo Google Trends incorpora Insights

Non tutti i fruitori dei servizi di BigG saranno però contenti. Vediamo perché.

Addio Google Insights: i SEO dovranno adeguarsi a Google Trends.

Le due applicazioni sono sempre state considerate preziosissimi tool dagli addetti ai lavori, da coloro cioè che lavorano sul Web e sulle parole chiave dei motori di ricerca: i SEO (Search engine optimizer). Se è vero che – come recita Google – tutte le preesistenti funzioni sono state fuse e sono dunque salve, è altrettanto vero che la specificità di ciascuno dei due strumenti faceva comodo agli operatori, in circostanze diverse e per differenti esigenze. Non solo.

Numerose software house avevano predisposto le proprie applicazioni sulla struttura di Insights, che consentiva fino all’altro ieri studi più approfonditi. Risultato: ora quei “SEO tools” dovranno essere riprogettati per rispondere alle rinnovate caratteristiche.

Il nuovo Google Trends.

D’altra parte il Google Trends così ristrutturato appare subito completo, dotato di un’interfaccia più gradevole e moderna della precedente, ma soprattutto basata su di una logica d’interazione maggiormente spontanea ed immediata.

La prima schermata è del tutto simile a quella tipica del motore di ricerca di Mountain View: si inserisce la keyword desiderata (o il gruppo di keyword) e si preme invio. Di qui si viene dirottati nella pagina dei risultati, dove campeggia sulla parte superiore il titolo riassuntivo dell’analisi; ad esempio: “Interesse in Google Ricerca Web: [parole chiave]. Tutto il mondo, 2004 – Presente“.

Appena più in basso è riportato il grafico delle variazioni. Scorrendo ulteriormente la pagina si evidenziano i riquadri dell’interesse regionale (nazione o città) e dei termini correlati (distinti in “più cercati” e “in crescita”). I dati possono essere incorporati come iframe in una pagina Internet esterna grazie all’apposito pulsante.

Un menù completamente rivisto.

Sulla sinistra, in linea con la struttura estetica e funzionale di tutti gli altri servizi Google, campeggia il nuovo menu. Diverse le voci:

  1. Esplora le tendenze – Cliccando sulla voce si viene portati alla “home” di Google Trends, resettando i termini di ricerca utilizzati in precedenza.
  2. Ricerche più frequenti – L’opzione fornisce gli esiti del cosiddetto “Hot Search”, ovvero l’indice delle key più praticate nelle ultime ore. Per il momento il servizio è limitato a Stati Uniti, India, Giappone e Singapore.
  3. Termini di ricerca – È possibile prendere in esame fino a cinque diverse parole chiave, i cui risultati sul grafico vengono rappresentati da linee di differente colore.
  4. Altri confronti– L’opzione consente di scegliere tra
    1. termini di ricerca
    2. località
    3. intervalli di tempo.
  5. Limita a – L’ultimo menu consente di circoscrivere l’analisi secondo 4 differenti criteri:
    1. Google ricerca Web / Immagini / News / Product Search
    2. Tutto il mondo / per nazione
    3. Data
    4. Categorie (ad esempio community, arti, Internet, acquisti, etc.).

Ad un primo esame Google Trends appare profondamente trasformato, limitatamente però alla logica d’interazione. Tutto sommato a me piace così, ma mi riservo di esprimere un giudizio definitivo su interfaccia e funzionalità dopo alcuni giorni di utilizzo.

Perché i contenuti sono il miglior SEO

Miglior SEO : tutti sostengono che per ottenerlo bisogna curare i contenuti. Ma nessuno spiega le ragioni.

Per ottenere il miglior SEO bisogna curare i contenuti, renderli unici ed attraenti, di qualità. Che non siano né troppo corti né troppo lunghi, che contengano una buona dose di parole chiave, qualche link interno ed uno / due esterni, un titolo ed una descrizione efficaci, argomenti interessanti ed originali, le keyword evidenziate in grassetto o in corsivo, e chi più ne pensa più ne metta. Insomma, “content is GOOD” e persino “GOD” per molti, moltissimi Search Engine Optimizer.

Il miglior SEO è la qualità dei contenuti, ecco perché.

Infografica di Search Engine Journal

Dunque questo pare sia un fatto, ampiamente assodato. Ma se nessuno spiega il perché il contenuto di un post incide fortemente nel posizionamento sui motori di ricerca come fa un blogger ad avere un metro di misura, un criterio, per valutare la qualità di quanto ha scritto? Spendiamo allora qualche parola su questo argomento, per capire perché la qualità dei contenuti è la chiave di volta del miglior SEO.

I motori di ricerca valutano il sito anche attraverso le statistiche sulle visite.

BigG non fa niente per niente, pare ovvio, per quanto benefica possa essere la sua presenza sul Web. E se questo è vero è anche vero che quando decise di offrire gratuitamente a tutti i webmaster del mondo il suo Google Analytics una o più ragioni dovevano pur esserci.

Osiamo immaginare che tra quei motivi ci fosse la possibilità di perfezionare gli algoritmi del suo motore di ricerca attingendo a preziose informazioni. Quali? Ad esempio per quanto tempo il lettore si sofferma su di un post e se dopo averlo letto continua a sfogliare il sito o passa ad altro. Ovvero: quali sono i valori registrati in bounce rate ed exit rate.

Per apprezzare la quantità del numero delle keyword pertinenti in una pagina, o la coerenza del codice HTML con le linee guida, un BOT può disporre di tutti gli strumenti analitici che desidera. Per comprendere quanto effettivamente l’argomento trattato sia interessante e coerente con le parole chiave suggerite e segnalate, e possa dunque meritare un buon posizionamento nella SERP (in quanto “miglior SEO”), è indispensabile che il motore di ricerca si faccia aiutare dai lettori.

In conclusione: ecco il perché “content is GOOD”.

In definitiva: se Google e Bing accertano che in un dato sito i visitatori tendono a stazionare, a navigare ed a fruire dei servizi e dei prodotti offerti, molto probabilmente decideranno di premiare l’indirizzo Web garantendogli una buona visibilità. Se invece il lettore scappa via con notevole frequenza è possibile che la pagina di destinazione non sia pertinente con le keyword, che non contenga informazioni utili ed originali, o che le stesse siano proposte con una forma o una sostanza poco fruibili (carattere troppo piccolo, caricamento lento, linguaggio incomprensibile, etc.). In questo caso i Google e Bing tenderanno ad evitare che in futuro altri visitatori debbano soffrire dello stesso destino. Altrimenti che razza di motori di ricerca sarebbero?

Abbiamo dunque assodato (uno dei) perché la qualità dei contenuti costituisce la soluzione ideale per praticare il miglior SEO.

Approfondimenti: norme sulla qualità di Google webmaster.

SEO perfetto in 10 minuti. Parola di Google.

SEO perfetto? Google spiega ai blogger in erba come ottenerlo attraverso un video di dieci minuti.

A chi piacerebbe un SEO perfetto per il proprio sito Web? A chiunque, certamente, e soprattutto ai nuovi blogger pieni di passione e aspirazioni, ma allo stesso tempo privi di competenze SEM e risorse finanziarie per chiedere supporto ad un Search Engine Optimizer.

Per questa categoria corre in aiuto Google attraverso un video della durata inferiore a dieci minuti, attraverso il quale Maile Ohye (in BigG dal 2005) fornisce alcuni preziosi consigli. Il filmato è corredato di sottotitoli, traducibili in lingua italiana, per chi non abbia piena dimestichezza con le lingue straniere.

SEO per startup in meno di dieci minuti

Sintetizzo gli argomenti trattati nella clip per quei blogger in erba che difettino anche di tempo libero disponibile. Ricordo che la clip si rivolge agli owner di un sito relativamente piccolo (con meno di 50 post), o che comunque si focalizzi su di un’unica chiave di ricerca e sui termini a lei correlati.

  1. La prima cosa da fare è scegliere se visualizzare il blog con o senza l’estensione “www”. Esempio: http://google.com o http://www.google.com.
    1. Il consiglio è conforme ad una delle principali direttive di Google: è bene che un post sia raggiungibile attraverso un link unico, per evitare che i motori di ricerca pensino ad un tentativo di moltiplicare il numero dei contenuti proponendoli più volte. Per selezionare l’opzione desiderata (con o senza “www”) si può far riferimento tanto a Google Webmaster quanto alle impostazioni del proprio sito (generalmente accessibili tramite cPanel). Meglio praticare entrambe le soluzioni.
  2. Iscriversi a Google Webmaster. E attivare gli avvisi tramite email.
  3. Verificare la storia del nome di dominio.
    1. Il nome di dominio del tuo sito potrebbe essere stato utilizzato in passato per attività incompatibili con un buon SEO (spam, contenuti espliciti, etc.). Laddove sia così (ahi ahi) è possibile chiedere, proprio attraverso Google Webmaster, la “riconsiderazione” del dominio.
  4. Tramite Google Wembmaster Tool eseguire la scansione di tutte le nuove URL. E, se tutto è ok, inviarla all’indice.
    1. Per fare ciò è in GWT accedere al menu di sinistra alla voce “Salute”, quindi “Visualizza come Google”. Inviando la pagina all’indice, tramite l’omonimo pulsante, si suggerisce al motore di ricerca di indicizzarla senza dover effettuare la scansione.
  5. Integrare il codice Analytics.
    1. La brava Maile sottolinea che le statistiche del sito potranno essere usate in futuro come rapporto storico dell’andamento, ed avere così uno strumento efficace per effettuare verifiche, confronti, ed adottare le misure opportune per ovviare ad eventuali inconvenienti o praticare migliorie.
  6. Dotare il sito di una struttura efficace, chiara.
    1. In soldoni: rendere la navigazione semplice inserendo nel blog una mappa HTML dell’intero blog, ed in ogni pagina i breadcrumbs.
  7. Suddividere i contenuti eccessivamente lunghi in più pagine.
  8. Stabilire un obiettivo di conversione pertinente per ciascun contenuto.
    1. Es. Desiderate che il lettore si iscriva alla newsletter? Volete che compri i vostri acquarelli? Fate in modo che non debba praticare un eccessivo numero di click per inserire l’email o per raggiungere il carrello del vostro e-shop.
  9. Inserire le parole chiave pertinenti per ciascun contenuto.
    1. Il consiglio è forse superfluo, ma la specialista aggiunge: “Scegliere una keyword pertinente più ricercata se quella di vostro interesse è di nicchia”. Utile per comprendere il concetto il suggerimento fatto in video circa le scarpe da corsa.
  10. Permettere agli utenti di pubblicare commenti, ed interagire con loro.
  11. Ogni post deve contenere (un SEO perfetto – ndr):
    1. un argomento unico;
    2. un titolo unico;
    3. una descrizione (meta description), sempre unica;
    4. link con anchor text descrittivi (il “title” che può – deve – essere inserito nei link).
  12. Inserire i link nelle parole pertinenti.
    1. Esempio: se sul tuo blog desideri pubblicare il link al sito nel quale ti trovi in questo momento devi collocarlo sui termini “search engine optimization” e non “se vuoi discutere di SEO clicca qui.
  13. Errori da evitare (assolutamente):
    1. non affidarti a Search Engine Optimizer che promettono mari e monti;
    2. non entrare in liste di scambio link;
    3. non rimpinzare il sito di orpelli (FLASH, script Java, etc.), perché ostacolano i bot.
  14. Velocizza i tempi di caricamento delle pagine.
  15. Divulga contenuti e blog su siti e forum affermati e pertinenti.
    1. Ma cerca di limitare lo spam, ed utilizza i social media.
  16. Utilizza e cura i social media (SMO).
  17. Stay focused.
    1. Per quanto buon SEM tu possa fare, la conversione avviene sempre sul tuo sito: dunque sii concentrato su contenuti, struttura, e quant’altro affrontato in questo video.
  18. Cura i contenuti, fa che siano davvero “unici”.
Credo sia tutto. Auguri per il vostro SEO perfetto.

 

SEO SEM SEA SMO : cosa significa.

Significato degli acronimi SEO SEM SEA SMO che identificano le attività di posizionamento e marketing dei motori di ricerca.

SEM viene prima. SEO, SMO e SEA seguono in ordine sparso, secondo una scaletta di importanza che nel search marketing e più in generale nel digital MKTG abbia conto del target, delle potenzialità operative e finanziarie dell’attore, del panorama concorrenziale ed altro.

Grafico interattivo per SEO SEM SMO SEA

Passiamo al dunque: cosa significa SEO SEM SEA SMO? Andiamo per il giusto ordine.

SEM – Search Engine Marketing.

Comprende tutte le altre citate, ed altre non menzionate. Sta ad indicare tutte quelle attività volte ad imbrigliare il grande potere dei motori di ricerca per servire un sito Web, un’azienda, un marchio.

Figlio del Web marketing (o, più in esteso, del digital MKTG), il SEM ha l’obiettivo di identificare e raggiungere la domanda conforme al target, per soddisfarla.

Oltre che declinarsi in SEO, SEA e SMO, il SEM comprende altre pratiche come il monitoring, il benchmarking il database building ed infine vendita diretta e customer care. Con il Search Engine Marketing si può fare anche il digital branding, finalizzato ad incrementare la notorietà di un marchio.

SEOSearch Engine Optimization

SEO, cioè ottimizzazione per i motori di ricerca, è finalizzato ad un miglior posizionamento di determinate keyword nella SERP (di Google, Bing, Yahoo, etc.).

Ci soffermeremo più volte in dettaglio sulla SEO, ma torna utile spendere due parole sulle principali attività che lo caratterizzano:

  • ottimizzazione del codice delle pagine Internet;
  • perfezionamento del markup;
  • elaborazione dei contenuti.

A queste principali prassi – dette “interne” – si aggiungono quelle “esterne”:

  • link building;
  • link baiting;
  • socialize.

SMOSocial Media Optimization.

L’acronimo si spiega bene da solo: indica l’utilizzo dei social mediaFacebook, Twitter, Pinterest e via dicendo – per supportare il lavoro di convogliamento del traffico Internet verso un determinato sito Web o per finalizzare altre pratiche di marketing.

SEASearch engine advertising.

Rispetto a tutte le altre categorie del SEM, il SEA richiede un particolare grado di specializzazione in chi si occupa di digital marketing. Consiste nell’attività di promozione a pagamento attraverso i motori di ricerca e gli strumenti di pubblicità da loro offerti.

Per quanto non siano espressamente citati, tutti gli acronimi e le relative attività sono legati a doppio filo alle linee guida dei motori di ricerca. Ne segnalo alcune, tra le più conosciute:

Best practice per aiutare Google a trovare il sito, eseguirne la scansione e indicizzarlo

Yahoo content quality guidelinees

Bing.

Nota: il grado di importanza che personalmente assegno a SEO SEM SEA SMO è indicato nella infografica riportata in alto.